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Franceschini, il talento del politico

L’ex ministro è un raro esempio di come dovrebbe sempre essere la politica. E cioè, cultura politica, elaborazione progettuale, capacità di anticipare i tempi e visione complessiva della società.

Al di là e al di fuori dell’ultima proposta di dare al figlio il cognome della madre per “riequilibrare anni e anni di discriminazioni di genere” – proposta che personalmente condivido – credo che non possiamo non fare una considerazione su Dario Franceschini e sul concreto lavoro politico che svolge, da ormai molti lustri, nella vita pubblica del nostro pese. Ma soprattutto in questi ultimi tempi. E questo per una ragione molto semplice ma al tempo stesso decisiva. Ovvero, Franceschini è un raro esempio di come dovrebbe sempre essere la politica. E cioè, cultura politica, elaborazione progettuale, capacità di anticipare i tempi e visione complessiva della società. Ingredienti che, purtroppo, si sono progressivamente dispersi in un contesto politico dove hanno fatto irruzione profondi disvalori e cadute di stile. Dalla deriva populista all’annichilimento della politica; dalla riduzione dei partiti a meri contenitori elettorali nelle mani del capo di turno al superamento delle culture politiche a vantaggio delle parole d’ordine all’improvvisazione e superficialità delle classi dirigenti.

Ecco, Franceschini è l’esatto opposto di tutto ciò. Lo conferma il suo ormai lungo e ricco curriculum politico ma, soprattutto, la sua capacità di farsi ascoltare quando interviene nel dibattito politico. Certo, Dario non parla spesso. Fa parte di quella classe dirigente che interviene solo quando esprime un pensiero, una proposta, un concetto e, al contempo, una novità. Che, di norma, fa discutere. Tutti. Amici e avversari. Questo è Dario Franceschini. Possiamo dire che si tratta di un leader politico di altri tempi. Anche nel suo partito, il Partito democratico. Un leader politico che emerge in modo plastico nel Pd, nella coalizione di sinistra ma, oserei dire, nell’intera politica italiana. E lo dico senza alcuna piaggeria ma con la precisa consapevolezza che la politica non si inventa. O meglio, anche la politica – come sappiamo bene noi ex democristiani – esige e richiede professionalità. Non ci si improvvisa politici. Ne sono un esempio, su cui è consigliabile non infierire, gli interpreti dell’esperienza trasformistica, opportunistica e anche un po’ squallida

dei populisti di tutte le risme che si sono affacciati nella politica italiana in questi ultimi anni. E, al riguardo, la testimonianza concreta ed oggettiva di Franceschini è la conferma che la politica con la P maiuscola continua ad avere un ruolo ed una “mission” specifici anche in un contesto dove continua a soffiare il vento anti politico e anche anti partitico.

Per queste ragioni, semplici ma essenziali, il ruolo e la presenza che continuano a vedere in Dario Franceschini un interlocutore di rango hanno una straordinaria importanza. Anche e soprattutto nella stagione contemporanea. A prescindere dalla stessa appartenenza politica di Franceschini. Perché il suo esempio, trasmesso con sobrietà, compostezza ed intelligenza, riconsegna alla politica – e ai suoi ormai pochi leader – un ruolo importante e decisivo come ricerca costante del “bene comune” da un lato e luogo di sintesi e di governo della società dall’altro. Appunto, quello che continua a fare, con senso di responsabilità e realismo, Dario Franceschini nel suo partito e nella politica italiana.