Francesco Cossiga, il Picconatore della Repubblica, 13 anni dopo.

Con il senno del poi, forse aveva anticipato ciò che si andava delineando all’orizzonte della cittadella politica. O meglio, lo aveva anticipato o lo aveva provocato con le sue “picconate” quotidiane?

Sono passati 13 anni dalla scomparsa di Francesco Cossiga, uno dei personaggi più rappresentativi della prima repubblica e certamente tra i più discussi e misteriosi. Con la indubbia premessa, però, che parliamo di un leader politico, di un qualificato uomo di governo e di un esponente di primo piano dello Stato. E lo dice il suo vasto, ricco e poliedrico curriculum politico, culturale ed istituzionale.

Ora, al di là delle varie fasi che hanno scandito la vita politica ed istituzionale di Cossiga, forse è possibile sottolineare almeno due aspetti che l’hanno quasi sempre accompagnato nella sua intensa e e turbolenta vita pubblica.

Innanzitutto Cossiga è stato, a volte forse anche inconsapevolmente, un “anticipatore” di ciò che attraversava la società italiana con cui occorreva, bene o male, fare i conti. Lo è stato anche all’interno del confronto politico nel suo partito, la Democrazia Cristiana. Faceva parte della corrente della sinistra di Base anche se non è mai stato un esponente influente negli equilibri interni. Si è sempre contraddistinto più come uomo delle istituzioni che non come un esponente politico fortemente caratterizzato nel partito. Insomma, per capirci e per fare un solo paragone con un altro grande leader di quel partito Carlo Donat-Cattin, Cossiga non è mai stato un capo corrente o un uomo che si ritagliava uno spazio pubblico in quanto espressione di un parte della Dc. No, Cossiga è sempre stato un interlocutore politico di primo piano a livello nazionale ma partendo sempre dal versante istituzionale più che non da quello politico e partitico. Anche su questo fronte, quindi, è stato un democristiano “anomalo”. Un po’ come un altro grande leader istituzionale e non politico/partitico come Oscar Luigi Scalfaro.

In secondo luogo Francesco Cossiga lo potremmo anche definire un “anticonformista costituzionale”. Certo, resteranno per molti un mistero – seppur politico e non di fede – le sue ormai celebri e famose “picconante” sul finire della sua esperienza di Presidente della Repubblica. Un atteggiamento che lo allontanò anche dal “comune sentire” con il suo vecchio partito di appartenenza e con molti altri esponenti politici di quella convulsa e travagliata fase politica del nostro paese. Eppure, con il senno del poi, forse Cossiga aveva anticipato – anche quella volta – ciò che si andava delineando all’orizzonte della cittadella politica italiana. O meglio, lo aveva anticipato o lo aveva provocato con le sue “picconate” quotidiane? Resta, questa, una domanda a cui difficilmente si riesce ancora a dare un risposta compiuta.

Comunque sia, e al di là dei giudizi che si possono dare sul suo magistero civile, politico ed istituzionale, resta un punto che non si può mettere banalmente in discussione: ovvero, Francesco Cossiga faceva parte di quella classe dirigente che è riuscita, con difficoltà ma con tenacia, a salvaguardare la qualità della nostra democrazia e la credibilità delle nostre istituzioni democratiche. Seppur con sensibilità e approcci profondamente diversi rispetto ad altri grandi leader e statisti della Democrazia Cristiana.