La categoria del pluralismo politico ed elettorale ha segnato in profondità l’area cattolica italiana. Un pluralismo che, di fatto, ha bloccato all’origine qualsiasi tentativo di organizzare un partito o un soggetto politico credibile e competitivo. Qualunque sia la collocazione politica di ciascuno di noi, quello che conta è conservare,nella concreta azione politica il proprio riferimento culturale, etico ed ideale.
Alcuni amici su queste colonne hanno, giustamente, richiamato l’attenzione sulla sostanziale assenza del dibattito dopo le parole, misurate e responsabili, di Monsignor Galantino in merito ad una eventuale ed ipotetica presenza politica dei cattolici nella società contemporanea. Un’assenza di dibattito e di confronto che però, almeno dal mio punto di vista, non stupisce affatto. Per due motivi semplici ma altrettanto oggettivi. Il primo è che un partito identitario – parlando di cattolici, come ovvio – almeno in questi ultimi anni non ha avuto alcuna ricaduta concreta nella cittadella politica italiana. Né in termini politici né, tantomeno, sotto il profilo elettorale. Certo, non si può addossare la responsabilità di questi ripetuti fallimenti politici ed elettorali a tutti coloro che hanno intrapreso, in buona fede e con grande passione, il progetto di dar vita ad una sorta di Democrazia Cristiana o di Partito Popolare Italiano in miniatura.
In secondo luogo la categoria del pluralismo politico ed elettorale ha segnato in profondità l’area cattolica italiana. Proprio perché si tratta di un’area culturale, sociale e politica fortemente articolata, vasta, composita e frammentata al suo interno. Un pluralismo che, di fatto, ha bloccato all’origine qualsiasi tentativo di organizzare un partito o un soggetto politico credibile e competitivo. Anche perché, in un quadro del genere, non ci sarebbe una sola associazione di ispirazione cattolica, o una sola parrocchia o un solo movimento che sceglierebbe unitariamente e seccamente un partito. Per non parlare, come ovvio e scontato, della Chiesa nella sua vasta articolazione centrale e periferica.
Due elementi, questi, che bloccano all’origine un confronto costruttivo e fecondo sul futuro della presenza politica dei cattolici nellasocietà pubblica contemporanea. Detto in altri termini, sono temi che non fanno più notizia perchè, semplicemente, hanno ormai scarsa attinenza con il dibattito politico che si è sviluppato dalla fine del Partito Popolare Italiano in poi, cioè dall’inizio degli anni duemila. Ora, però, è pur vero che le recenti riflessioni di Monsignor Galantino non possono e non devono passare inosservate. Sono importanti, degne di nota e meritano di essere approfondite ognuna nei propri luoghi di impegno, di elaborazione e di presenza nella società. Ad una condizione, almeno a mio parere. Qualunque sia la collocazione politica di ciascuno di noi – al riguardo, io credo che oggi sia importante e decisivo rafforzare una presenza politica di “centro” attraverso la riscoperta di una “politica di centro” dopo la lenta ma inesorabile deriva del populismo di sinistra e del sovranismo di alcuni settori della destra – quello che conta è conservare nella concreta azione politica il proprio riferimento culturale, etico ed ideale.
Non c’è alcuna ragione che possa far sì che si debba rinunciare, per convenienza o per tatticismo, ad una cultura politica o ad un patrimonio ideale. E questo non solo per rispetto di chi ci ha preceduto e del loro magistero, ma anche, e soprattutto, per la propria coerenza personale. Per questo le osservazioni di Monsignor Galantino non vanno né sottovalutate e né banalizzate. Semmai, vanno affrontate confrontandole con i “segni dei tempi”.