Come già ricordato nell’analisi pubblicata ieri su Il Domani d’Italia, la rottura tra i liberaldemocratici (LDP) e i centristi del Komeito ha aperto una fase di incertezza che va ben oltre la contesa per la leadership.
A dieci giorni dall’apertura della sessione straordinaria della Dieta, il Giappone si trova a un bivio politico: la maggioranza uscente non dispone più dei numeri necessari per assicurare la nomina di Sanae Takaichi, prima donna alla guida dell’LDP e possibile premier.
Una crisi che si approfondisce
Il Komeito, con i suoi 24 seggi, ha scelto di non sostenere la candidata conservatrice, giudicando incompatibili le sue posizioni ultranazionaliste con la tradizione moderata del movimento. La frattura, già maturata sullo scandalo dei fondi che aveva travolto l’ex premier Fumio Kishida, appare ora definitiva e mette in crisi la tenuta del sistema di potere
che governa il Paese quasi ininterrottamente dal 2012.
Gli scenari della Dieta e i calcoli dei partiti
La nota diffusa da Askanews chiarisce che entrambe le camere voteranno per l’elezione del primo ministro, ma in caso di disaccordo prevarrà la decisione della Camera bassa. Se nessun candidato otterrà la maggioranza al primo turno, si procederà a un ballottaggio tra i due più votati.
Con l’LDP fermo a 196 seggi e senza un alleato stabile, le possibilità di Takaichi si riducono sensibilmente. Secondo il Nikkei Shinbun, tre sono gli scenari possibili: un governo di minoranza retto solo dall’LDP; un accordo fragile con piccoli partiti centristi, come il Democratico per il popolo (Dpfp); oppure un fronte alternativo che unisca le opposizioni intorno a Yuichiro Tamaki, leader del Dpfp, con l’appoggio del Partito costituzionale democratico (Cdp) e del Partito dell’innovazione.
Quest’ultima ipotesi, che porterebbe a un totale di circa 210 seggi, appare oggi la più plausibile sul piano numerico, ma resta condizionata da profonde divergenze programmatiche su energia nucleare, sicurezza nazionale e revisione costituzionale.
Un equilibrio in cerca di futuro
La crisi politica coincide con un periodo di forte volatilità finanziaria. Come ricordato da Asia News, i rendimenti dei titoli di Stato a lungo termine hanno raggiunto i massimi dal 2008, superando il 3,3% sui trentennali. Gli investitori esteri, ormai principali acquirenti del debito giapponese, guardano con preoccupazione alla possibilità di un governo debole o diviso.
In questo contesto, la figura di Takaichi, ispirata al modello di Shinzo Abe e sostenitrice di una linea assertiva in politica estera, rischia di spaccare ulteriormente il Paese. La sua elezione, anziché rappresentare un segno di rinnovamento, potrebbe trasformarsi in un fattore di instabilità.
La sessione straordinaria della Dieta, prevista per la settimana del 20 ottobre, sarà dunque un passaggio cruciale. Ma qualunque sia l’esito, la politica giapponese sembra avviata verso una fase di riallineamento strutturale, dove le identità dei partiti e le alleanze tradizionali vengono rimesse in discussione.
La fine del binomio LDP–Komeito segna, di fatto, la fine di un modello politico che per un quarto di secolo aveva garantito stabilità e continuità istituzionale.
Resta da capire se il Giappone saprà trasformare questa crisi in un’occasione di rinnovamento, o se cadrà in un ciclo di governi deboli e transitori. Per ora, la certezza è una sola: la pagina che si apre è tutta da scrivere.