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domenica, Aprile 20, 2025
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Giobbe, Gesù e la strada della redenzione

Un dialogo tra cielo e terra si snoda attraverso le vicende di Giobbe e di Gesù, ponendo interrogativi sul mistero del dolore e sulla via della salvezza.

Sembra che Dio abbia creato il tempo solo per gli uomini, una dimensione necessaria per misurare un disordine che tracima anche nello spazio, dando un quadro completo del loro procedere.

Per Lui è diverso. Ogni storia potrebbe svolgersi anche al contrario perché comunque è sua la vittoria e non si darebbe affanno se i demoni mischiassero le carte mettendo i millenni sottosopra.

Giobbe aveva una vita di tutto conforto, legato al Creatore non per riconoscenza ma per fede. Era un fatto che faceva impazzire Satana che disse all’Altissimo che, andandosene a zonzo per il mondo, aveva visto quell’uomo felice nel suo cuore con il cielo e scommise che lo avrebbe rinnegato se solo gli fosse stato inflitto qualche tormento.

Fu questione di un paio di chiacchierate fatte tra Dio e Satana come due che si trovano al bar per scambiare le opinioni su una competizione sempre in corso. Nessun tono minaccioso o rivendicazione di primato dell’uno o dell’altro, soltanto qualche battuta di quando ci si conosce bene e si decide che si può continuare così come fatto in un infinito braccio di ferro.

Forse una delle poche volte che Dio accettò di essere sullo stesso piano del suo interlocutore. Passeggiò nell’Eden con Adamo ed Eva, discorse con Mosè per un bel po’ di tempo ma questa di spendere parole con il nemico fu la trovata che non ti aspetti.

Si parlarono come tra due vecchie conoscenze che ne sanno lunga di ogni fatto e per un attimo smettono il confronto per dirsi di un’altra prova con il sottofondo di una antica confidenza. Il patto fu che Giobbe non ci lasciasse la pelle.

Il pover’uomo era ignaro di essere stato prescelto come un motivo di contesa delle cose di lassù e si ritrovò d’improvviso povero in canna con addosso tutte le malattie del mondo.

Solo e abbandonato non gli restarono che tre pallidi amici. Questi, invece di consolarlo, giudicavano quelle sciagure figlie delle conseguenze di chissà quali peccati commessi, dando scandalo al cuore di Dio ora prodigo di conseguenze.

Durante quel tempo di infamia c’era un pensiero che ossessionava Giobbe e che contemporaneamente lo sosteneva permettendogli di resistere in vita ancora un giorno dopo e poi così avanti ancora. Aveva in animo di chiamare Dio al suo cospetto per dirgli quattro parole come si deve.

Ad un certo punto, senza farsi scoprire, forse fu anche felice delle sventure che gli si abbatterono addosso, perché lo indussero a sbraitare a squarciagola verso le nuvole per invitare l’Invisibile e Presente a farsi vivo smettendo di essere schivo con le sue creature.

Per esortarlo ad uscire dal suo guscio, gli ricordò che non era in ballo una questione di fede. Troppo facile credere se hai un Dio di fronte. Giobbe già da sempre era in relazione con Colui che è.

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