I giornali celebrano il potere. Quando lo fanno, dimostrano di svolgere male il loro compito. Dovrebbero, secondo me, mettere in rilievo le condizioni di chi gestisce il potere e, se lo strumento utilizzato si struttura in domande e risposte, le domande devono essere sempre scomode. Ripeto, sempre scomode.
Il servizio del giornale sarà maiuscolo se avrà fino in fondo, svolto questo servizio. Solo così il governante potrà dimostrare le sue qualità. Se invece, come purtroppo sovente leggo, il giornalista si limita a fare degli assist, allora dimostra due cose: si essere mediocre e di inchinarsi al potere. Di esempi ne abbiamo fin sopra i capelli. Ma ci sono anche espressioni maiuscole.
A volte, ho letto dialoghi fulminei, densi di bellezza, tanto in chi incalzava, quanto in chi rispondeva. Ripeto, rari casi, ma ci sono.
Qualcuno, sull’onda di una ingiustificata armonizzazione, si auto celebra. Magari stabilisce anche la proporzione dell’immagine; dove inserirla, e come riquadrarla. In questi ultimi giorni, riferendomi alla stampa locale, l’esempio è stato eclatante. I temi trattati non hanno mostrato in alcun modo le fragilità del politico. Questo si è riferito a una riforma svolta, blandendola. Il giornalista lo ha lasciato fare. Mentre quella riforma ha rivelato dubbi a non finire, inconfessabili fragilità e oggi, richiede un pronto intervento per rigirarla.
Nell’esempio che prendo in esame, sempre sulla scorta della divinizzazione di chi si esprime, non ha in alcun modo affrontato alcune carenze di fondo, relativamente alla situazione del corona virus; mi riferisco soprattutto, ma potrei facilmente allargare lo sguardo, al problema della nave e dei costi della stessa che, nel totale silenzio, sembra ormai un fantasma.
Circa le vicende dei cosiddetti sciacallaggi, per quanto io non sia assolutamente d’accordo con i 5Stelle, per quanto mi siano indigesti, e li abbia sempre abbondantemente criticati, credo il politico non abbia ascoltato l’intervento in parlamento. Ma si sia mosso per sentito dire e seguendo slogan giornalistici e qualche parata, di cattivo gusto, messa in scena a Montecitorio.
A conti fatti, c’è una sorta di mania che perseguita qualche politico regionale. Si metta il cuore in pace le distanze con alcuni predecessori sono abissali. Non c’è confronto. Capisco le aspirazioni, ma alla fine un cipresso rimane sempre un cipresso e, difficilmente, potrà apparire ed essere una sequoia.