I Comuni sono luoghi di democrazia, dice Mattarella all’Assemblea Anci.

Riportiamo ampi stralci dell’intervento svolto ieri a Genova dal Presidente della Repubblica di fronte all’Assemblea dei Comuni, giunta alla quarantesima edizione. Decaro, in scadenza l’anno prossimo, ha dato il suo saluto alla platea.

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I Comuni sono l’articolazione capillare della Repubblica, espressione dei valori costituzionali come ogni altra istituzione democratica.

Più delle altre istituzioni hanno la responsabilità del contatto diretto, immediato, con le esigenze di chi vive nei loro territori.

Di tutte le loro istanze, sovente anche oltre le funzioni comunali. Di raccogliere le loro preoccupazioni, le loro attese.

Passa da qui la tenuta della coesione sociale e, aggiungo, lo sviluppo dell’Italia.

Questa caratteristica dei Comuni ne fa istituzioni dinamiche, non statiche.

Istituzioni in movimento.

Gli stessi rapporti tra le articolazioni della Repubblica ne traggono vantaggio.

I Comuni sono, infatti, termometri immediati dello stato di salute della nostra comunità.

Indicatori sensibili di quali effetti possono provocare situazioni di crisi, scarsità di risorse, scelte compiute a livello regionale e statale.

[…]

I Comuni, con le loro esperienze, sono – nell’attenzione alle necessità e nella ricerca di risposte – la prefigurazione di ciò che, sovente, viene poi raccolto nella legislazione e nelle scelte di governo.

Lo sono stati sin dallo sviluppo dell’unità d’Italia, quando il tema come la conoscenza dei fenomeni sociali venne affidato alla Unione Statistica delle Città Italiane (l’ISTAT sarebbe venuta decenni dopo l’USCI) o quando, per corrispondere all’ansia di sviluppo delle città e alla elevazione delle condizioni di vita degli abitanti, si dette avvio a formule allora nuove sul terreno di servizi come  l’acqua potabile, l’assistenza e la salute, l’energia e i trasporti, l’edilizia popolare, l’istruzione tecnica: esempi di welfare locale.

I Municipi sono stati centro e protagonisti dei processi di grande modernizzazione.

Sono permanenti laboratori di nuova partecipazione democratica e il pensiero corre al vissuto del decentramento amministrativo nei quartieri delle grandi città e nelle frazioni nei Comuni che si sviluppò negli anni Sessanta, capace di promuovere progetti civici.

I Comuni sono il primo banco di prova della vitalità di una democrazia, della nostra democrazia, e sarebbe un errore privilegiare scorciatoie su questo terreno.

Proprio la vitalità che caratterizza il rapporto tra le persone e i Comuni indica che va perseguita con ostinazione la strada del sempre maggiore coinvolgimento dei cittadini, elemento certamente non secondario di legittimazione. Anche per contrastare la preoccupante tendenza al disimpegno elettorale.

L’Italia è ricca della varietà di specifiche caratteristiche territoriali.

La sua bellezza, la sua storia, la sua cultura, persino le sue latitudini sono plurali.

Le diversità accrescono il valore del nostro Paese.

I Comuni rappresentano queste diversità, danno loro voce, nell’ampia cornice della Repubblica.

Investire sui Comuni vuol dire, quindi, investire sulla concretezza della vita dell’Italia, sul suo futuro.

La pluralità richiede sempre collaborazione.

Avete, difatti, sempre dimostrato saggezza nel non attardarvi nella logica delle piccole patrie per essere, invece, una grande forza nazionale, consapevole degli interessi generali, che dà senso e contribuisce alla direzione dell’Italia.

Ci uniscono un compito e una responsabilità collettive: l’attuazione della Costituzione, che pone sempre al centro la persona, la sua libertà, l’uguaglianza, lo sviluppo integrale.

Oggi è il tempo della prova di dare piena attuazione al Piano nazionale di ripresa e resilienza.

Tante risorse, tanti progetti costituiscono nel loro insieme un’occasione storica per il nostro Paese, con la mobilitazione di importi ingenti, addirittura superiori a quelli del provvidenziale e mitico “Piano Marshall” nel dopoguerra.

Si tratta di un grande, decisivo contributo per innovare e migliorare l’Italia e l’Europa nella capacità produttiva, nella sostenibilità dello sviluppo futuro, nella coesione sociale.

Abbiamo conosciuto le stagioni dell’ammodernamento infrastrutturale. Abbiamo iniziato, negli anni 2000 a ridurre le distanze con l’alta velocità ferroviaria e a collegare le varie parti d’Italia con le reti wi-fi.

Abbiamo iniziato e questi percorsi vanno completati.

Siamo di fronte a nuove stagioni sul terreno della mobilità, del digitale, della formazione, che cambiano il modo di vivere e abitare, di produrre, di fare ricerca.

È un’occasione irripetibile nel medio periodo per migliorare la qualità della vita delle famiglie italiane, delle nostre comunità.

È questione che interviene anche sul tuttora irrisolto problema dei divari tra aree montane, rurali e insulari e aree metropolitane. Va implementata positivamente la Strategia nazionale Aree interne, in coordinamento con le altre risorse destinate, con una visione complessiva che sfugga la tentazione dei compartimenti stagni.

Centrare gli obiettivi del Piano è, in tutta evidenza, un traguardo a cui istituzioni, imprese, forze sociali sono chiamate a cooperare con il massimo impegno.

Questa è la vera posta in gioco: il salto in avanti che possiamo fare insieme.  

Avete orgogliosamente rivendicato di aver svolto fin qui i compiti che vi erano stati assegnati, e di aver rispettato le taPpe previste. E chiedete di ricevere – com’è bene – l’attenzione dovuta.

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Ai Comuni è chiesto, spesso, di intervenire come pronto soccorso, di decidere in fretta, senza sovente avere certezza delle risorse necessarie ad affrontare le emergenze, con i Sindaci in prima linea.

È il caso delle calamità naturali.

È il caso di flussi migratori di dimensioni non previste.

Ciascuno deve fare al meglio la sua parte, sapendo che le politiche di mitigazione delle calamità devono essere accompagnate da adeguate politiche di prevenzione, così come è necessario dotarsi di visioni di ampio respiro per affrontare fenomeni epocali come le migrazioni, con cui ci si confronta in realtà da anni.

[…]

Rinnovo solidarietà ai Sindaci che hanno subito minacce, che affrontano pericoli e ostilità e continuano nel loro lavoro con sacrificio e dedizione.

La Repubblica è consapevole del servizio che rendete alla comunità nazionale e, per questo, vi è riconoscente.

È dai Comuni, dalle città, dai paesi, che riparte la fiducia.

Una fiducia non astratta, ma fondata su lavoro concreto, consapevole della forza da cui trae origine.

Celebriamo i cent’anni dalla nascita di Italo Calvino e siamo qui in Liguria, la regione dove, da giovane, si è formato.

Ne “Le città invisibili”, Calvino sogna e descrive luoghi immaginari, dove però il reale è vivo e l’ideale continuamente lo interroga e lo sfida.

Definisce le città, definizione che si aggiunge a quella che poc’anzi il senatore e maestro Renzo Piano ci ha presentato: “La città – scrive Calvino –  ti appare come un tutto in cui nessun desiderio va perduto, e di cui tu fai parte”.

I nostri centri abitati sono storia, progetto, impegno, speranza, percorso verso il futuro.

Ciascuno di voi si propone di lasciarli più belli, più vivibili, più civili di quando li ha avuti affidati dal consenso elettorale.

Un sogno e una promessa che ciascuno di voi avrà certamente fatto a sé stesso.

I Comuni sono i luoghi di democrazia dove questo percorso può essere condiviso.