I Popolari e le quattro strade: come uscire dal tunnel?

Occorre attivare un’iniziativa politica specifica e capace di produrre effetti immediati e a lunga scadenza. Certo, per far decollare questo progetto non servono i partiti personali o del capo.

La tormentata storia politica, culturale ed organizzativa dei cattolici popolari e sociali è giunta ad un bivio. E, come sempre capita nei momenti di svolta, occorre mettere in campo scelte precise e nette. Un tempo si sarebbe detto che occorre attivare un’iniziativa politica specifica e capace di produrre effetti immediati e a lunga scadenza.
E, al riguardo, sono almeno quattro le ipotesi oggi in campo. Tutte scelte legittime ma che, come ovvio, approdano a risultati diversi se non addirittura alternativi tra di loro. Il tutto, com’è altrettanto ovvio, nel pieno rispetto delle singole opzioni politiche. Cioè dell’ormai radicato e consolidato pluralismo politico dei cattolici italiani.

In primo luogo c’è chi continua ad insistere sul cosiddetto “partito identitario”. Potremo dire che si tratta della scelta più congeniale e forse anche la migliore. Peccato che nella politica occorre sempre tenere presente, come ci insegnava Sandro Fontana, “del testo e del contesto”. E cioè, conta sì il progetto ma, soprattutto, quella proposta è politicamente credibile se il contesto che la accoglie è favorevole e contemporanea rispetto a ciò che si propone. Ci sarà una motivazione se dopo la fine della Dc e, soprattutto, del Ppi di Franco Marini e di Gerardo Bianco tutti i tentativi identitari – credo alcune centinaia a livello nazionale – sono andati a sbattere. Insignificanti a livello politico ed irrilevanti a livello elettorale.

Poi ci sono, ed è la seconda ipotesi, i cattolici popolari nel Pd. O meglio, i cattolici popolari nel Pd della Schlein. Cioè, del principale partito della sinistra italiana. Un partito che, oggi, ha una chiara, netta e del tutto legittima identità politica e culturale. Si tratta, cioè, di un partito della sinistra radicale e massimalista a livello politico e libertaria sul versante culturale. E, di conseguenza, seppur mutatis mutandis, si tratta di una presenza, quella dei cattolici popolari nell’attuale Pd, che ripropone la vecchia e nota esperienza dei “cattolici indipendenti di sinistra” nel Pci degli anni ‘70. Una esperienza a cui venivano gentilmente concessi una manciata di seggi parlamentari e qualche ruolo ornamentale negli organigrammi di partito per confermare la natura ‘plurale’ del partito stesso. Ieri come oggi nessuna differenza. Salvo il profondo cambiamento storico, politico e culturale tra le diverse fasi.

In terzo luogo ci sono i cattolici popolari, o ex democristiani, presenti nell’attuale coalizione di centro destra e nei rispettivi partiti. Qui la riflessione è molto rapida Perché la storia, la tradizione e la cultura del cattolicesimo popolare e sociale sono semplicemente alternativi rispetto al progetto e alla prospettiva politica di questo importante campo politico. E, infatti, la presenza dei cattolici popolari o degli ex democristiani nei partiti del centro destra è puramente ed esclusivamente personale. O meglio, di carattere testimoniale quindi politicamente del tutto irrilevante.

E poi c’è un’ultima opzione. Altrettanto difficile e complessa ma, se non altro, coerente e lungimirante con la storia secolare della tradizione cattolico popolare e sociale. E cioè, declinare questa cultura politica in un campo centrista, riformista e di governo seppur culturalmente plurale. Detto con altri termini, attraverso e con il contributo determinante del pensiero cattolico popolare e sociale, ricostruire un Centro politico e dinamico, inclusivo e moderno, innovativo e democratico. Certo, per far decollare questo progetto non servono i partiti personali o del capo. È indispensabile dar vita ad un luogo politico indubbiamente plurale e con una leadership diffusa ma che non sia apertamente in contraddizione e in contrasto con le ragioni e le radici del popolarismo di ispirazione cristiana.

Perché, ed è la breve riflessione conclusiva, un pensiero e una cultura come quelli del cattolicesimo popolare e sociale possono ritrovare forza e vigore nella società contemporanea e nella concreta dialettica politica italiana solo se non sono in aperto contrasto con la prospettiva e il progetto dei partiti in cui militano. È una regola persin troppo semplice da richiamare, ma forse è utile ricordarlo in una stagione politica ancora molto confusa e contraddittoria.