Nel periodo prenatalizio la Giorgia nazionale ha annunciato al mondo la sua grande svolta, che l’ha vista trasformarsi da “alberista” a “presepista”; “Da quest’anno cambio tutto….ho deciso di fare il presepe quando non lo fa più nessuno”. Meglio tardi che mai, verrebbe da dire! Perché le famiglie italiane fanno il presepe da sempre, senza sentire la necessità di definirsi “presepisti” o di fare particolari annunci dal vago sapore strumentale.
Il problema ovviamente non è il presepe che è un importante simbolo della cristianità, oltre che un riferimento in termini storici e culturali anche per molti non credenti. Il problema è l’uso disinvolto che viene fatto di alcuni simboli dalla cristianità, come già in passato è accaduto con gli squallidi episodi di ostentazione di rosari e crocifissi nei comizi salviniani. Probabilmente è un vizio, anche contagioso, presente in quella particolare zona del panorama politico italiano.
Ma la cosa ancora più interessante è che nello stesso filmato la “neo-presepista” – nell’intento di spiegare e sostenere ulteriormente la propria scelta – si domanda in modo chiaramente retorico “come fa ad offenderti una famiglia che scappa per difendere quel bambino?”.
La domanda è assolutamente condivisibile. Ma per rendere credibile l’idea che la ispira, ci si dovrebbe interrogare anche su quanto accade nei tragici presepi del nostro tempo, nei tanti scenari di guerra e di devastazione; o su come vengono trattate persone e famiglie che ogni giorno scappano da guerre, violenze e carestie, anche a rischio della vita (proprio come la famiglia e il Bambino del presepe!). Ma non conviene farsi troppe domande. Meglio fermarsi a “quanto è bello il presepe…” (ma per questo bastava il mitico Eduardo…).
Gesù e la sua famiglia in fuga ripararono prima in quel di Betlemme e poi a Nazaret di Galilea. Oggi con le sconclusionate scelte del governo Meloni verrebbero imprigionati in un CPR, magari in Albania. Il presepe di ieri lo dismetteremo dopo l’Epifania. Invece purtroppo i presepi di oggi resteranno con tutta la loro disumanità.