Il Centro non è la riedizione del Partito liberale o del Partito repubblicano

L’importante e suggestiva riflessione di Enrico Borghi sulle colonne di questo giornale offre l’occasione per chiarire almeno 3 aspetti decisivi. Sul versante di come si possa, oggi, rideclinare una nuova e rinnovata “politica di centro” nel nostro paese dopo la doppia deriva identitaria della sinistra massimalista e radicale della Schlein da un lato e di molti settori della destra di governo dall’altro.

Innanzitutto il futuro Centro dinamico, riformista e di governo non può ridursi ad essere una banale e quasi ridicola riedizione, seppur in forma aggiornata e rivista, della presenza del vecchio PLI o dell’antico PRI. Detto in altri termini, se il tutto si riduce – come pare sia l’obiettivo di Calenda – ad una strategia politica e culturale liberista sul terreno economico, laicista su quello valoriale e classista su quello sociale, è di tutta evidenza che si tratta di una prospettiva politicamente monca e oserei dire quasi ininfluente ed irrilevante ai fini di un rinnovato protagonismo di una ricetta riformista, democratica e autenticamente innovativa e moderna. Non a caso, si tratta di un orizzonte, questo, che non sarebbe destinato ad incidere negli equilibri politici complessivi del nostro paese.

In secondo luogo il progetto di “Renew Europe”, richiamato da Borghi, non può essere la semplice e banale riedizione del convegno che si è svolto recentemente a Roma al Teatro Eliseo. Detto con tutto il rispetto, quella è una importante esperienza liberista, radicale e laicista dove la presenza della cultura e della tradizione del cattolicesimo democratico, popolare e sociale è del tutto assente se non addirittura estranea. Non può essere quello il modello a cui ispirarsi se si vuol giocare un ruolo determinante a livello nazionale e anche a livello europeo. Perchè delle due l’una. O c’è la capacità e la volontà, di aprirsi a mondi vitali, a interessi sociali, a gruppi, a movimenti e a forze popolari della società che continuano a riconoscersi in una cultura centrista e riformista distinti e distanti dalla destra identitaria e dalla sinistra estremista e radicale dando vita ad un vero soggetto dove la componente e l’area cattolico popolare e sociale siano visibili e protagonisti, oppure questo mondo culturale, sociale e politico inesorabilmente scivolerà in larga parte nel conglomerato conservatore o si rifugerà massicciamente nell’astensione. E il capitolo dei valori, al riguardo, non può essere una variabile indipendente ai fini stessi dell’elaborazione del progetto politico complessivo. Perchè non ci si può limitare ad una rivendicazione persin ossessiva della cultura dei diritti individuali senza porre al centro della nostra strategia politica la centralità della persona. E quindi i suoi bisogni, le sue ansie, le sue preoccupazioni e i suoi drammi. Sociali, esistenziali e culturali. Non c’è alternativa a questo dilemma. E, su questo versante, saranno solo e soltanto i fatti concreti e tangibili a dirci se persistono questa volontà politica e questa sensibilità culturale.

In ultimo, come giustamente richiama Borghi a proposito del “nuovo corso” del Pd della Schlein, non si può costruire e consolidare questo luogo politico e progettuale “parlando anche con i cattolici”. Che, per evitare confusioni clericali o confessionali, sarebbero poi i cattolici popolari e sociali perchè i cattolici, in sè, sono una categoria universale e pertanto non banalmente classificabile o riconducibile ad un gruppo politico o, peggio ancora, partitico. Ma, se si vuole centrare questo obiettivo, anche in un contesto dove questa cultura politica non può ancora dar vita ad un soggetto/partito autonomo ed organizzato, è di tutta evidenza che il nuovo contenitore/partito centrista e riformista deve essere autenticamente e visibilmente plurale. Nella sua classe dirigente, nel suo profilo politico, nella sua natura culturale e nella sua elaborazione programmatica. Senza questi tasselli, che sono e restano costitutivi, è l’intero mosaico che rischia di scricchiolare o di essere l’ennesimo tentativo per dar vita ad un cartello elettorale privo, però, di un necessario ed adeguato respiro culturale e politico/progettuale.

Ecco perché siamo arrivati ad un punto di svolta anche, e soprattutto, per qualificare e irrobustire una prospettiva centrista, innovativa, moderna e riformista nel nostro paese. Senza passi falsi ma con la comune consapevolezza che è giunto il momento per far vincere la politica contro i soliti organigrammi interni destinati a sciogliersi come neve al sole nell’arco di poco tempo.