Il Centro, Repubblica e la nuova Forza Italia.

Un vero cambio di rotta, Ezio Mauro chiama in causa il partito fondato da Berlusconi. La nuova frontiera è diventato il centro. In effetti, il bipolarismo della seconda repubblica ha mostrato gravi limiti.

La recente riflessione di Ezio Mauro su Repubblica in merito alla presenza del Centro nel nostro paese non può passare, come ovvio, sotto silenzio. Ieri, su queste colonne, Beppe Fioroni ha già fornito qualche utile approfondimento. Ma quella di Mauro è una osservazione suggestiva, nonchè originale, perchè arriva da un osservatore politico che, storicamente, è stato un feroce detrattore non solo di Forza Italia e del suo leader e fondatore – e sin qui è come scoprire l’acqua calda – ma, semmai, di tutto ciò che è seppur vagamente riconducibile al Centro, alla politica di centro e che ricorda anche solo lontanamente l’esperienza concreta della Democrazia Cristiana.

Ora, che proprio su quella testata e su quel tema specifico l’ex Direttore di Repubblica sottolinei l’importanza del Centro, del nuovo ruolo di Forza Italia e della necessità di ristrutturare il sistema politico italiano senza più trascurare quei due aspetti è certamente un dato che non può essere

banalmente sottovalutato. E questo al di là di tutti i retroscena, facilmente decifrabili, che si nascondono dietro a queste inedite ma pur sempre avvincenti riflessioni.

Ecco perchè, forse, è anche necessario mettere in fila alcuni tasselli che seguono “l’articolessa” di Mauro.

Innanzitutto il Centro, e la politica di centro, sono nuovamente importanti e decisivi nel nostro paese a fronte di un bipolarismo selvaggio che non può rappresentare, almeno se vogliamo garantire il buon funzionamento del nostro sistema politico, la soluzione più congeniale. E questo perchè la contrapposizione frontale tra una destra sovranista e una sinistra sempre più massimalista, radicale ed estremista non è la miglior cornice per far decollare una sana e credibile democrazia dell’alternanza.

In secondo luogo il sostanziale ed oggettivo fallimento delle ricette centriste dei due storici litiganti, cioè Renzi e Calenda. Com’è evidente a tutti, non passa più da quelle parti la ricostruzione di un luogo politico centrista, moderato e riformista. Ma questo non solo per i ripetuti fallimenti politici ed elettorali di quei due piccoli partiti personali ma per la semplice ragione che quando manca un organico e credibile progetto politico se non la sistemazione dei “propri cari” in Parlamento, è di tutta evidenza che si tratta di un continuo e strutturale bluff.

L’ultimo esempio concreto? Eccolo. Renzi deve diventare addirittura un severo giustizialista per accreditarsi nel circo mediatico e giudiziario di questa sinistra radicale e fondamentalista. Altrochè ricostruire il Centro moderato e riformista… Ma, almeno sino ad oggi, dalle parti di Repubblica questa considerazione non era così scontata.

In terzo luogo il ruolo futuro di Forza Italia. Anche su questo versante è persin ovvio sottolineare che il profilo e la natura politica di quel partito sono destinati a cambiare, e profondamente, rispetto alla lunga stagione in cui spadroneggiava il suo leader e fondatore. E anche qui svetta una ragione semplice e al tempo stesso oggettiva. E cioè, Forza Italia è, oggi, l’unico potenziale presidio centrista nel panorama politico del nostro paese. Certo, è un partito che si deve aprire ad altre forze e culture politiche centriste; è un partito che dovrà praticare sino in fondo una gestione politica democratica e partecipativa al suo interno; è un partito, infine, che dovrà declinare una ricetta politica democratica, riformista e di governo. Ma è indubbio che non è lontanamente paragonabile a chi, maldestramente e senza alcun senso del pudore, pensa di ricostruire il Centro

attraverso continue e ripetute piroette.

In ultimo, ma non per ordine di importanza, è altrettanto evidente che una seria e credibile ricostruzione di un luogo politico centrista, e squisitamente riformista e di governo, non può che rafforzare la qualità della nostra democrazia, la solidità del nostro sistema politico e, forse, anche la credibilità delle nostre istituzioni democratiche. E lo spazio del pensiero, della tradizione, della cultura e anche del metodo del cattolicesimo popolare e sociale non può che innervarsi e rinnovarsi lungo quella direzione. Semprechè non si privilegino l’avventurismo, l’opportunismo, il trasformismo e il tatticismo. Ma queste sono categorie, o derive, dove la politica può anche essere sospesa.