In una celebre battuta il grande Totò, forse presago di quanto sarebbe un giorno accaduto, giocando da maestro con le parole, chiedeva al suo interlocutore: ”Como?” invece che pronunciare correttamente: ”Come?”. Ancora oggi stentandosi a credere a quanto riportato dalle cronache, verrebbe nuovamente da chiedersi “Como?”. Non siamo a Don Peppone e Don Camillo perché quei due avevano una stessa pasta di sentimenti ed uno stesso acume.
Stiamo alla cronaca: “Basta colazioni ai senza tetto”, è quanto sentenziato dal Sindaco di Como, Alessandro Rapinese prendendosela, dopo la seduta di un Consiglio comunale, con Don Giusto Della Valle, parroco della comunità pastorale di Rebbio-Camerlata. Quel giorno si è discusso di come la Polizia locale possa utilizzare il taser, mentre don Giusto in altre occasioni si è detto in apprensione perché non sia rivolta sommariamente, questa misura di sicurezza, contro pazienti psichiatrici o persone afflitte da particolari problematiche.
Il Sindaco, probabilmente condizionato dal suo cognome, avverte come una rapina tutto ciò che è dato agli altri gratuitamente ed è, armi in resta, contro un sacerdote che confida troppo comodamente sul suo nome (Giusto) per pensare di poter prevalere sui fatti. Rapinese ha pensato che certe questioni, perché abbiano soluzione, debbano essere risolutamente affrontate a monte e non a valle, criticando il prete che mette in atto un “un’accoglienza indiscriminata, che non si interroga su chi abbia i titoli per stare in Italia”.
Carte alla mano dimostra che molti arresti effettuati negli ultimi mesi sono state di persone che “nemmeno dovrebbero essere qui”. In sostanza, distribuire colazioni ai senza dimora crea assembramenti che turbano la pacifica vita di una comunità che però è forte di testimonianze opposte. Del resto a Don Roberto Malgesini, ucciso da un senzatetto nel settembre di quattro anni fa, il Comune di Como conferì all’unanimità l’Abbondino d’Oro, la sua massima onorificenza. Ancor oggi si contano in città una quarantina di volontari che sulla scorta della lezione di Don Roberto danno pasti ad altrettanti bisognosi italiani e stranieri.
Colazione è una parola che riempie lo stomaco, sta per raccogliere e mettere insieme ma anche per portare insieme qualcosa. La collatio era la riunione serale dei monaci durante la quale si commentavano i testi sacri e di ispirazione spirituale. Così che una frugale colazione non era altro che una interruzione del digiuno a cui erano abituati. Gli Inglesi hanno tradotto in Breakfast, rottura dal digiuno, quella che noi chiamiamo appunto colazione, che è una occasione di ritrovarsi già dall’inizio del giorno.
Accogliere è indubbiamente una parola pericolosa su cui è facile scivolare e farsi male. Significa anche raccogliere più spesso ciò che è caduto a terra e si è perso o che sta per andare smarrito. È oltre l’ospitalità: suggerisce di accettare che altri possano far parte di te e questo comporta insidie per il Sindaco di quelle parti.
Peggio ancora se si parlasse di una accoglienza non più fredda ma semmai festosa, rischiando “le accoglienze oneste e liete [che] furo iterate tre e quattro volte” di Dante nel Purgatorio. Eppure Como sembra che derivi per alcuni da “conca”, cioè dove ci si versa, capace di contenere chi vi si dirige. Per altri proviene invece dalla radice celtica di Koimo che si traduce in “abitato”, un luogo quindi dove si rifiuta di escludere solitudini. Per altri ancora Como si riferisce in origine ad un “piegato”, ad una “curvatura”, ad una realtà che – viene da pensare – si flette verso l’altro e non fa muro.
Rapinese ha il timore di assembramenti o forse paventa ancor più possibili assemblamenti, la possibilità di stare uniti agli altri malgrado titoli diversi o scandalosamente senza titolo o solo con il “titol de la fame”. C’è in quella città una certa elettricità che, prima di caricare le più moderne pistole, accenderà prima o poi cuori e intelligenze così che ordinatamente ciascuno, lì, potrà pascere, consumando un suo pasto da chiunque gli si offerto.