Il disordine internazionale, la crisi della democrazia e i Popolari, in Italia e in Europa.

Dopo la Caduta del Muro di Berlino, ci risvegliamo con l’incubo di un Mondo in disordine. Guardiamo, anche nella crisi, a un nuovo orizzonte. E la crisi smuove dalle fondamenta il “pensiero popolare”. Ecco, Popolari e Terzo Polo dovrebbero elaborare schemi inediti.

Il ritardo culturale, politico-diplomatico e militare con il quale l’Europa e l’Occidente democratico hanno affrontato la guerra di aggressione della Russia all’Ucraina si vede, in tutta la sua drammatica evidenza, in questi giorni. Mosca bombarda a tappeto e l’Ucraina fatica – eroicamente – a resistere.  Un intero popolo si fa Resistenza estrema contro una violenza militare di intensità inaudita e portata avanti in totale dispregio di ogni seppur minimo rispetto del diritto internazionale e dei valori di umanità. Scontiamo un ritardo innanzitutto culturale. Non abbiamo capito per nulla ciò che stava avvenendo.

Abbiamo pensato che fosse un conflitto attorno ad un territorio conteso dopo il fallimento degli accordi di Minsk. Certo, quegli accordi sono falliti per responsabilità sia di Mosca che di Kiev. Ma ciò non può giustificare e spiegare questa guerra.  Essa è una guerra imperialista di Mosca, che – dopo aver invaso la Crimea, territorio ucraino, nel 2014 – ha preso a pretesto la questione del Donbass per minare alla radice la Pace e la stabilità in Europa e nel mondo. Una guerra che nasce dalla pretesa di ripristinare l’impero russo e che si richiama espressamente alla stagione zarista come fonte di ispirazione nella speranza di sanare l’onta della fine dell’URSS. Una vittoria di Putin segnerebbe un drammatico ritorno al passato, in un Mondo che nel frattempo non è più quello dei “due blocchi”.  Stagione terribile che almeno aveva una sua logica ed un suo pur brutale equilibrio.

Abbiamo sognato, dopo la Caduta del Muro di Berlino, un Mondo multipolare e ci risvegliamo oggi con l’incubo di un Mondo in disordine, che rischia di aggregarsi attorno alle “democrature (alias, dittature formali o sostanziali) neo imperialiste”.  La esplicita o implicita alleanza con Mosca di molti Paesi autocratici e dispotici rende bene l’idea di quello che potrebbe diventare il “nuovo ordine internazionale” perseguito dal Cremlino.  Scontiamo poi un ritardo politico-diplomatico. Mosca non ha avuto difronte subito una Europa ed un Occidente democratico capaci di unità, determinazione e fermezza. Per mesi e mesi ci siamo baloccati in tentativi di “paci separate” con la Russia, nonostante le parate ufficiali. Ci siamo dimenticati che la politica internazionale – nei confronti dei regimi dittatoriali – non può che parlare il linguaggio della forza, l’unico che essi conoscano. Parlo della forza politica e diplomatica. Che però esige unità, coerenza, determinazione. Qualità che non abbiamo praticato a sufficienza, né come Governi né come opinioni pubbliche. Anzi. Fino al punto di dover temere che Puntin la guerra di aggressione all’Ucraina la possa vincere prima di tutto proprio in una pubblica opinione europea ed occidentale stanca e scettica intorno ai valori della Democrazia.

E scontiamo infine un ritardo nella assistenza militare a Kiev. C’è stata una fase iniziale (e per fortuna anche in parte preventiva rispetto alla invasione russa del 24 febbraio 2022) nella quale sopratutto americani e inglesi hanno messo in campo iniziative di addestramento e di supporto tecnologico dell’esercito ucraino. Ciò ha impedito il disegno di una sorta di “Blitzkrieg” da parte di Mosca: la famosa “operazione speciale” che secondo le strategie di Putin doveva cancellare in pochi giorni il Governo Zelensky e con esso la stessa identità nazionale sovrana dell’Ucraina. Poi si sono succedute fasi incerte e titubanti di supporto militare, con accelerazioni più che altro propagandistiche e lunghi periodi di sostanziale attesa degli sviluppi. Gli sviluppi li vediamo purtroppo in questi giorni sul terreno.  

Mi pare che il problema – in conclusione – sia più culturale e politico che militare. Appunto, non stiamo capendo fino in fondo ciò che sta succedendo e scontiamo – come Europa e come Occidente Democratico – una enorme debolezza politica e di capacità strategica. È questo – non la inesistente volontà americana di distruggere la Russia – che compromette oggi ogni possibilità di Pace “giusta e duratura” (non ne esiste un’altra) ed ogni congettura di un nuovo equilibrio internazionale. Quando la Democrazia (Istituzioni e Popolo) non è più cosciente di sé e non fa i conti con le sue responsabilità morali e politiche, consegna alle Dittature il monopolio della Forza. E rischia così di scrivere l’ultima pagina del suo libro. L’unico libro che – nonostante tutti gli errori anche gravi e le contraddizioni che sono evidenti nella crisi di identità delle Democrazie – abbia portato nel Mondo Pace, Giustizia e rispetto dei Diritti Umani. In questo terribile scenario, scontiamo in Europa l’assenza di una idea politica guida, capace di tracciare un nuovo orizzonte nel “disordine mondiale”.

Ciò ha molto a che vedere con la crisi del “pensiero popolare”. Oggi il PPE assomiglia assai poco alla casa comune fondata sul magistero di Degasperi, Schumann, Adenauer. La sua radice Cristiano Sociale risulta effimera e priva di ogni spinta propulsiva, sia nelle questioni interne, sia in quelle internazionali. Forse, è proprio attorno a questa precaria dimensione politica europea che anche in Italia possiamo immaginare un “laboratorio” innovativo che aiuti a far nascere una prospettiva di nuovo “centro sinistra europeo”. Col trattino. La Sinistra – pur con i suoi giganteschi problemi – esiste. L’elezione di Elly Schlein va in questa direzione. Ma il “centro”? L’Italia ha una storia peculiare in questo. Un “centro” che guarda a sinistra e mette un paletto invalicabile a destra faceva parte della sua tradizione. Degasperi lo ha testimoniato anche quando guidava la DC in contrapposizione ai comunisti. Oggi non esiste più la DC e non esistono più i comunisti. Ma esiste ed è forte la Destra. Ed esiste un substrato umano, sociale, culturale e politico che ha bisogno di una rappresentanza di questa ispirazione e di questa cifra “popolare”.

Non in forza delle nostalgie di un passato che non torna, ma per poter affrontare sfide nuove e drammatiche in tema di Democrazia Comunitaria e partecipata; coesione sociale; nuovo umanesimo (come dice Francesco); costruzione di una vera prospettiva europea contrapposta ai nazionalismi; affermazione di un equilibrio internazionale equo e non supino rispetto ai regimi totalitari o alle grandi concentrazioni di potere tecnologico e finanziario. Non è vero che tutto ciò che non è di sinistra è di destra. Questa presunzione auto assolutoria non aiuta a costruire buona politica e induce a rassegnazione. Cioè aiuta la Destra. I Popolari  – che da ultimo stanno provando a ritrovare un terreno di comune impegno – dovrebbero avvertire le ragioni profonde che inducono oggi ad osare schemi nuovi e formule coraggiose.

Noi Popolari dovremmo capire che dobbiamo mettere insieme un soggetto identitario capace di coltivare e rigenerare la nostra cultura sociale e politica, ma che tale soggetto non può essere ormai il “contenitore politico” con il quale competere nella contesa elettorale. C’è un ambito “pre-elettorale” che abbiamo completamente trascurato, ma che diventa sempre più essenziale: quello delle idee e della formazione di una classe dirigente preparata ed ispirata, a partire dal radicamento nelle singole dimensioni territoriali. Questo è il terreno primario sul quale ricostruire identità. Viene prima ed è oggi diverso – domani si vedrà – dal contenitore politico-elettorale.

Gli amici del Terzo Polo dovrebbero capire che la costruzione del loro nuovo partito non può essere solo la fusione delle strutture politiche oggi di proprietà personale di Renzi e Calenda; che l’asse culturale non può essere solo quello “liberal”; che lo scopo non è indebolire il Pd, ma riconquistare persone e ambiti sociali che hanno votato a destra per assenza di credibili alternative o non hanno votato. Sarà un sogno? Forse. Ma mi pare oggi l’unica prospettiva attorno alla quale lavorare.