Leader di ieri e capi di oggi.

Sovviene un’amara considerazione di Mino Martinazzoli: “La differenza fondamentale tra la prima e la seconda repubblica era che nella prima c’erano i leader politici mentre nella seconda sono rimasti solo i capi”. Abbiamo bisogno di punti di riferimento politicamente autorevoli, socialmente rappresentativi e moralmente stimati.

A volte, o per richiamo nostalgico o per ragioni francamente oggettive, rileviamo una profonda diversità tra le leadership politiche del passato e quelle contemporanee. Soprattutto sul versante del profilo politico, della solidità culturale e della rappresentatività sociale. Per non parlare, come ovvio, del carisma che era e resta un dono e non è replicabile.

Ma, per fermarsi alla categoria del leader politico, ci sono almeno due aspetti che non possono essere sottaciuti e che fanno la differenza rispetto a quei leader che hanno una durata temporale limitata e che sono il frutto, a volte, solo di una vittoria elettorale momentanea. E, pertanto, hanno una scadenza. I due elementi decisivi che qualificano una vera e propria leadership politica sono e restano l’autorità morale e l’autorevolezza politica. Due tasselli che nessuno può attribuirsi perchè, di norma, sono gli altri che te li riconoscono. Ovvero, la tua comunità politica, gli stessi avversari politici e la pubblica opinione nella sua complessità. Ed è proprio questa differenza che fa dire a Mino Martinazzoli, a metà degli anni duemila, che la “differenza fondamentale tra la prima e la seconda repubblica era che nella prima c’erano i leader politici mentre nella seconda sono rimasti solo i capi”. E il leader bresciano non ha fatto in tempo di conoscere i cosiddetti leader populisti…

Ora, è di tutta evidenza che la crisi delle leadership è strettamente legata alla crisi verticale della politica, alla distruzione dei partiti democratici e all’azzeramento delle culture politiche che sono stati, tutti e tre questi elementi, i nemici mortali del populismo in salsa grillina. E non solo. Oggi, probabilmente, la rotta si sta invertendo, seppur molto lentamente e con grande cautela. Anche oggi, comunque sia, ci sono leader politici riconosciuti e legittimati. Per fare solo due nomi, Giorgia Meloni nel campo del centro destra democratico e di governo e, forse, Elly Schlein se lo saprà dimostrare concretamente alla guida del suo partito. Ma i veri leader politici sono e restano quelli che non tramontano, a prescindere dalle dinamiche concrete della vita politica che, come tutti sappiamo, è fatta di vittorie e di sconfitte, di umiliazioni e di rinascite, di cadute e di riprese. Ma il vero leader politico resta tale, con il suo carisma, con la sua autorità morale e la sua autorevolezza politica. Perché quando queste tre specificità sono riconosciute non c’è sconfitta politica ed elettorale che tenga. Il leader resta un leader perchè la sua comunità, e anche il campo avverso, lo individuano come tale.

Ecco perchè, soprattutto nella stagione contemporanea, per poter battere una politica virtuale, liquida e puramente d’immagine, noi abbiamo bisogno di riavere punti di riferimento politicamente autorevoli, socialmente rappresentativi e moralmente stimati. Che non va confusa, come ovvio, con la deriva moralista. Certo, le leadership politiche non nascono per decreto. Ma, per evitare di coltivare sogni irrealizzabili ed impraticabili, anche le leadership diffuse vanno incoraggiate e incentivate nella periferia italiana. Soprattutto nell’area cattolico popolare e sociale. Perché l’unica cosa che va evitata, soprattutto in una stagione che punta a non più fare del populismo anti politico, demagogico e qualunquista la sua bussola di riferimento, è quella di continuare a riconoscersi in “capi” che tramontano nell’arco di una stagione perché politicamente non granché autorevoli, moralmente non granché affidabili e socialmente scarsamente rappresentativi.