Il futuro dell’Europa è nella riscoperta delle sue radici

Nello spirito della dichiarazione Schuman l'Europa può trovare la chiave per superare il delicato momento attuale che sfida le ragioni per cui è nata l'integrazione europea.

Il rapido avanzare della storia verso un multilateralismo più partecipato dovuto al consolidarsi di più centri decisionali accanto a quello americano-occidentale, pone il percorso di costruzione dell’unità europea di fronte a sfide inedite e di importanza vitale rispetto al ruolo che il Vecchio Continente potrà recitare sulla scena globale.

Per la prima volta dopo circa cinque secoli si assiste al venir meno dell’egemonia occidentale nel mondo. L’influenza delle vecchie potenze coloniali europee, come Regno Unito e Francia, deve cedere il passo di fronte alle istanze di molti Paesi del Sud del mondo di indipendenza non più solo formale come alla fine della decolonizzazione, ma sostanziale, anche geopolitica, economica e culturale. Mentre gli Stati Uniti, di fronte alla crescita di potenze come la Cina e l’India sperimentano gli effetti della fine del “momento unipolare” e sembrano preoccupati soprattutto di raggiungere un accordo di coesistenza con protagonisti di rango pari al loro.

Di fronte a tali processi cresce la consapevolezza che l’Unione Europea così com’è risulta inadeguata a esercitare un ruolo di primo piano nei nuovi equilibri globali che si stanno delineando. Va riconosciuto a Mario Draghi il merito di aver sensibilizzato l’opinione pubblica continentale sulla necessità per l’Europa di affrontare le nuove sfide in tre direzioni principali: la sicurezza, le catene di approvvigionamento in particolare quelle energetiche, la competizione sul mercato globale.

Per un’Europa rinata sulle ceneri della lunga guerra civile europea del secolo scorso il tema della sicurezza è tornato ad essere fondamentale, non solo per quanto riguarda la legittima e ormai matura prospettiva di rafforzare il pilastro europeo dell’Alleanza atlantica, attraverso un maggiore coordinamento delle forze armate e degli arsenali dei Paesi membri in vista di un esercito comune, ma soprattutto per quanto riguarda la sfida di garantire la sicurezza privilegiando le alternative alla guerra. Alla radice del progetto dei padri fondatori, del quale la dichiarazione Schuman rappresenta una prima importante manifestazione, vi fu la determinazione nell’erodere il terreno sul quale crescono i conflitti armati, attraverso la messa in comune delle risorse oggetto delle contese passate. Allora erano il carbone e l’acciaio. Oggi possono essere le terre rare, i minerali strategici, le riserve di fonti di energia, i fertilizzanti, il grano.

È guardando alle proprie radici che le istituzioni europee possono riscoprire il fine per cui sono nate, e ritrovare il filo di un percorso messo molto a dura prova dalla insensata  prova di forza con modalità d’altri tempi che si sta consumando in Ucraina sulla pelle della popolazione. Il solo bilancio dei torti e delle ragioni appare insufficiente per aprire spiragli di pace ma anzi rischia di fare di torti inaccettabili come l’invasione russa dell’Ucraina, delle ragioni per più grandi tragedie che rischiano di ripercuotersi sull’intera Europa, impantanandola in una guerra infinita e sottraendole energie vitali per stare al passo, o perlomeno non rimanere troppo indietro verso l’Asia e il resto del mondo che corrono e che stanno già dettando gli standard dell’innovazione.

Porre fine con le armi della diplomazia e del negoziato a quella che non è solo una guerra civile fra popoli slavi e ortodossi ma una nuova guerra civile europea, è la base per costruire il futuro dell’Europa.

Un’Europa più federe alle ragioni per cui è nata come storia unitaria saprà trovare il punto di incontro tra interessi, talora divergenti, fra le due sponde dell’Altlantico in autentico spirito di solida amicizia e di realizzata indipendenza. E sarà in grado nello stesso tempo di trovare una sintesi fra le diverse spinte geopolitiche presenti al suo interno, che le consentirà di parlare con una voce sola all’esterno e di concepirsi come protagonista autonoma sulla scena mondiale nella costruzione di un nuovo ordine multilaterale più adeguato ai tempi, più equo e inclusivo.