Il Gigante buono e Jo Condor: una metafora per la Meloni.

La destra vuole la concentrazione del potere. Invece la Dc seppe contrapporsi al modello dell’uomo solo al comando, e quindi alla riduzione della volontà popolare a semplice scelta del capo.

Non tutti ricordano, magari per ragioni anagrafiche, una tra le più famose e divertenti pubblicità degli anni Settanta all’interno della vetrina di Carosello, in onda su Rai Uno prima del telegiornale: la pubblicità del Gigante buono a cui si chiedeva in coro (“Pensaci tu”) di provvedere ai disastri di Jo Condor. Sta di fatto che l’attuale presidente del Consiglio vorrebbe vestire proprio quei panni da eroina di bontà.

Battute a parte, sembra che la Giorgia nazionale sia impegnata a conquistare l’Europa per cambiarla, per renderla più adatta a quella cultura (?) della destra europea che, certo, non fa mistero delle proprie radici ultra nazionalistiche e xenofobe; origini in effetti poco inclini a quel solidarismo che dovrebbe essere, invece, alla base di una azione politica comune alla destra come alla sinistra.

Ormai, però, tutto si gioca sugli slogan, sui personalismi, sulle autocelebrazioni, su una concezione non soltanto della politica ma, cosa ancor più grave, sulla concezione dell’uso del potere a livello familistico, come si trattasse di una qualsiasi azienda interessata al profitto.

In questi quasi due anni di governo della destra (perché di destra si tratta, non certo di centrodestra), ne abbiamo viste e sentite davvero di cotte e di crude. Ora, costituisce un preciso dovere civico ricordare che la storia del secolo scorso non è stata plasmata da una volontà popolare votata alla ricerca del condottiero.

La storia non si dimentica, né si cancella, ma anzi va posta come paradigma per evitare di nuovo gli errori del passato. Allo stesso tempo va fatta chiarezza rispetto a presunzioni di moralità, di buongoverno, di programmi avanzati, visto che i fatti e gli avvenimenti di questi ultimi diciannove mesi parlano un’altra lingua.

È indubitabile che gli avvenimenti politici che si stanno susseguendo dimostrano che, forse, per questa maggioranza sempre più incollata alla sedia (al di là delle battute poco ironiche della Giorgia che vuol cambiare l’Europa), il problema è quello di sempre; quello cioè di ogni schieramento politico che si è cimentato, dopo la fine della prima Repubblica, nel compito di governare questo Paese. Ma come, governarlo? Ecco, mantenendo il potere a tutti i costi e mirando in prospetttiva a comprimere gli spazi di democrazia attraverso leggi elettorali capestro e riforme istituzionali che trascinano appresso una politica centrata sul culto della personalità.

Nel secondo dopoguerra gli uomini più illuminati di quella che fu la Democrazia Cristiana seppero contrapporsi al modello politico dell’uomo solo al comando, e quindi alla riduzione della volontà popolare ai desideri del capo che pensa e decide per tutti. E lo fecero non soltanto con rigore morale, ma soprattutto con una visione politica lungimirante, che guardava agli interessi del Paese, e quindi al fatto che non si poteva essere sudditi di altri Stati occidentali solo perché l’Italia aveva conosciuto (ma è meglio dire aveva subìto) la violenza del fascismo.

Un esempio di questa visione politica fu proprio quell’Enrico Mattei oggi rispolverato dalla Gigante Buona Giorgia come simbolo di una nuova politica energetica, per portare l’Italia a sganciarsi dalla dipendenza di altre Nazioni.

Un solo appunto però va fatto in conclusione: Enrico Mattei fu partigiano antifascista e in prima linea nel combattere il potere mussoliniano. Ce ne possiamo dimenticare?