Che il populismo sia una delle cause principali del decadimento etico della democrazia e della  crisi della politica, è ormai un dato di fatto. Pochi continuano a considerare il populismo – anti  politico, manettaro, giustizialista e demagogico – come una risorsa su cui continuare ad investire.  Il tutto, come ben sappiamo, accompagna la crisi del grillismo e la parabola politica ed elettorale  declinante del partito di Grillo e forse di Conte lo conferma in modo persin plateale.  

Ora, però, al di là di questa fotografia, peraltro oggettiva, resta un particolare non affatto  trascurabile. Ovvero, il populismo – che poi è degenerato nel più bieco trasformismo  opportunistico politico e parlamentare – continua a circolare prepotentemente nel sottosuolo della  società italiana e, purtroppo, anche nel comportamento di molti partiti che restano ancorati a  quella prassi. Del resto, un partito come i 5 stelle – che, a tutt’oggi, nessuno sa bene cosa sia se  non un partito di potere e di sistematica occupazione del potere – difficilmente può rinunciare a  quei totem ideologici che l’hanno contraddistinto sin dall’inizio pur avendo abbandonato  progressivamente, come tutti sanno, quasi tutti i caposaldi costitutivi dell’ideologia grillina. E il  populismo, come il giustizialismo manettaro – al di là delle simpatiche “scuse” di Di Maio – restano  gli ultimi baluardi prima di scomparire definitivamente dall’orizzonte politico contemporaneo. Ma il  problema si aggrava ulteriormente quando ci si allea con un partito dichiaratamente e  manifestamente populista. Perchè è difficile, oggettivamente, battere il populismo con tutte le sue  degenerazioni quando si stringe un’alleanza politica e di governo con un partito del genere.  Semplicemente non si può, pena mettere in discussione la valenza stessa della alleanza politica  ed elettorale.  

Ecco perchè il dibattito attorno al populismo è destinato a restare centrale nella politica e nella  cultura del nostro paese. Certo, ormai ne conosciamo i suoi limiti e le sue oggettive pericolosità.  Ma è altrettanto indubbio che il verbo populista è ormai radicato nella cultura politica italiana  anche se le mode sono sempre passeggere e momentanee. E dopo le mode, di norma, ritorna la  politica. Quella con la P maiuscola, come si suol dire. Ma non sempre la traiettoria è lineare e  coerente. A volte, le degenerazioni che hanno raggiunto le radici della nostra democrazia sono più  salde di come appare e difficilmente vengono sradicate nel breve tempo. Sono, cioè, destinate a  restare saldamente piantate nel terreno della contesa politica concreta.  

Compito di chi si oppone culturalmente, politicamente ed eticamente alla deriva populista,  demagogica, anti politica e giustizialista è quella di mettere in campo una iniziativa larga e diffusa  che sia in grado di isolare questa malapianta che ha causato enormi danni al tessuto stesso della  nostra democrazia. Se qualcuno pensa, dopo molti anni, che si può ancora rinnovare la politica,  riqualificarne il suo ruolo e rilanciare la salute della nostra democrazia convivendo con la deriva  populista, corre il serio rischio di consolidare questa deriva nel futuro. Con tanti saluti alla  credibilità della politica e alla stessa solidità delle nostre istituzioni democratiche.