il Mediterraneo rischia di diventare un cimitero a cielo aperto

di Andrea Cuccello segretario (confederale della Cisl) e Liliana Ocmin (responsabile coordinatrice nazionale donne, giovani ed immigrati)

Con la conversione del decreto sicurezza bis è sempre più difficile e rischioso il salvataggio dei naufraghi; il pericolo concreto è che il Mediterraneo rischia di diventare un cimitero a cielo aperto dove per scoraggiare i trafficanti di esseri umani si criminalizza l’opera di salvataggio dei naufraghi, rendendola più complicata e mettendo a rischio la vita di uomini, donne e bambini che cercano di lasciarsi alle spalle violenza, guerra e fame.

I trafficanti degli esseri umani sono dei criminali senza scrupolo e la disperazione di chi decide comunque di partire dalle coste libiche possono determinare un crollo della sicurezza in mare. Per la Cisl è prioritario combattere i trafficanti di esseri umani, ma provvedimenti estemporanei ed unilaterali sono destinati nel lungo periodo a fallire se non sono supportati da una politica organica condivisa all’interno dell’UE di gestione del fenomeno migratorio anche in risposta all’esplosiva questione libica.

Vorremmo sbagliarci, ma abbiamo il timore fondato che senza un combinato di azioni e provvedimenti condivisi a livello europeo non ci sarà più sicurezza nel Mar Mediterraneo. Non sarà questo provvedimento a scoraggiare criminali e migliaia di disperati che hanno vissuto il drammatico viaggio sino alle coste libiche o che sono bloccati nei Centri libici dove la violazione dei diritti umani è l’unica certezza.

Innanzitutto crediamo sia necessario a livello di tutte le nazioni dell’UE introdurre un sistema di ingressi legali per motivi di lavoro con sistemi di quote che presuppongano accordi bilaterali con i Paesi di origine, garantire il diritto di asilo a livello della comunità internazionale nei luoghi di raccolta nelle coste africane con l’azione di supporto delle preposte agenzie dell’Onu, attraverso corridoi umanitari con una equa e concordata ripartizione dei rifugiati tra tutti i Paesi dell’UE. Ciò significa riformare il Trattato di Dublino modificando la regola secondo cui il Paese di primo sbarco è l’unico responsabile della richiesta d’asilo.

Sono solo alcuni provvedimenti necessari che devono coinvolgere le Istituzioni europee in un sistema di responsabilità condivise. Il nostro Paese al suo interno può e deve fare qualcosa di più per dotarsi di una efficace politica organica di gestione virtuosa del fenomeno migratorio. Anche l’Italia al suo interno può e deve riformare una legislazione che crea irregolarità. Per questo ci vuole l’impegno e l’elaborazione di tutto il Parlamento perché si tratta di argomento di interesse nazionale che non può essere liquidato con tweet ed estemporanei ed unilaterali provvedimenti.

Un esempio concreto lo è stato il precedente decreto i cui effetti li stiamo monitorando in termini di minore integrazione e aumento di fenomeni di irregolarità e marginalità sociali.

Sin da subito, a legislazione vigente, si può ad esempio ridare vigore al Documento di programmazione dei flussi fermo al 2006 con il coinvolgimento, come previsto, insieme alle Istituzioni della società civile, del Sindacato e del mondo imprenditoriale.

E’ comunque nostro auspicio che l’Italia, insieme all’UE e dentro l’UE, si doti di una legislazione che realmente sappia promuovere una politica di gestione del fenomeno migratorio secondo i principi di solidarietà, umanità, integrazione e coesione sociale come unici elementi che danno opportunità di prosperità, sviluppo e sicurezza sociale.