“Una ragazzina con un volto difficile da decifrare, non molto sviluppata fisicamente, che non esibisce i comportamenti convenzionali degli adolescenti, t-shirt, scarpe da ginnastica di marca, tatuaggi. Bastava vederla quando parlava sui cambiamenti climatici alle Nazioni Unite, una lunga treccia sulla spalla sinistra, una foggia antiquata che nessuna ragazza della sua età si sognerebbe di mostrare e una camicia rossa a piegoline, anche questa un po’ démodé”. Massimo Ammaniti, che di mestiere fa lo psicanalista, descrive bene sul “Corriere della Sera” l’essenza della protagonista dei Fridays for Future. Ha ragione Greta: il nostro Pianeta non sta vivendo “un’ottima annata”. Fortuna, però, che il progresso ha portato la luce elettrica, altrimenti la sera ceneremmo tutti a lume di candela. E senza l’elettricità, neanche Greta avrebbe avuto a disposizione il microfono delle Nazioni Unite da cui ha lanciato il suo grido di allarme davanti ai potenti del mondo. Greta si è arrabbiata perché chi l’ha preceduta non avrebbe generato che “catastrofi e dolore”, “rubando” la sua giovinezza e il suo futuro. Questo non è vero, perché il progresso ha consentito a molti coetanei meno fortunati di Greta (che proviene pur sempre da una benestante famiglia svedese) di avercelo, un futuro, semplicemente perché sono sopravvissuti alla miseria che in passato ha mietuto un numero impressionante di vittime.

Certo, a una sedicenne (tanto più in un Paese come il nostro, dove si è “ragazzi” fino a 40 anni) si possono perdonare estremismi, ingenuità e qualche eccesso di retorica. Chi però ha qualche anno in più (cioè tutti noi) dovrebbe restare perplesso di fronte a letture così grossolane dei benefici del progresso, che ha permesso (bene o male) a milioni di esseri umani di migliorare il proprio tenore di vita a livelli un tempo consentiti solo agli abitanti più ricchi della Terra. È diminuito drasticamente, anche grazie al progresso, il numero di bambini decimati dalla fame e dalle malattie nel Terzo Mondo. La disponibilità di acqua potabile è cresciuta enormemente, anche nei Paesi più afflitti dalla sete, grazie al progresso. La piaga della denutrizione, grazie al progresso, è in netto calo. C’è ancora troppa fame, in misura intollerabile e umanamente inconcepibile, ma ogni giorno che passa ci sono bambini che riescono a liberarsene. Il progresso scientifico, spinto dalla libertà di ricerca, ha messo a punto farmaci che hanno debellato malattie che erano una continua ecatombe. I vaccini (tanto scioccamente ostracizzati) hanno liberato i continenti da terribili epidemie. 

Occorre ribadirlo: il “popolo di Greta”, gli adolescenti che ieri hanno saltato un giorno di scuola a favore della salvezza del Pianeta hanno perso un’occasione utile per leggere e approfondire la questione. Un modo maturo di guardare le cose è capire qual è la causa e quale l’effetto di questi cambiamenti. Il progresso scientifico, tecnico e sociale non ha “rubato” il futuro ai giovani, ma ne ha promosso uno nettamente migliore. Anche l’aeroplano così platealmente ripudiato da Greta (che ha raggiunto New York in barca a vela, a differenza del suo staff che ha viaggiato in aereo) ha migliorato nettamente la vita delle persone. Migliora la conoscenza del mondo, della sua varietà, dell’arte, della cultura e anche il contatto con la diversità. Acuisce la sensibilità, perché consente a milioni di persone ogni anno di vedere cose che nel recinto di casa propria non possono vedere. Vuol dire che dobbiamo cadere in un silenzio estatico di fronte alle conquiste del progresso? No, non dobbiamo minimizzare i pericoli. Non dobbiamo assolvere una visione violenta del progresso che nel suo sforzo prometeico ( e anche con un’avidità talvolta incontenibile) ha combinato disastri, ha ignorato limiti, ha devastato immensi patrimoni naturali e culturali, non ha avuto alcun rispetto per gli equilibri ambientali. Ma l’esaurirsi del progressismo “ingenuo”, non può essere sostituito da un “regressismo” cupo e rabbioso che ignora il valore dei cambiamenti storici ed è indifferente alla sorte di chi nel mondo è stato liberato dalla miseria e dall’umiliazione di vite brevi e dolorose. Senza contare, inoltre, che i luoghi più inquinati del mondo sono quelli delle società più arretrate, del tutto prive di sensibilità ambientale. Un approccio progressista è per definizione riformista, pragmatico, concreto, intelligente dal punto di vista ambientale. Le declamazioni regressiste, invece, vellicano gli istinti e si abbandonano alla retorica catastrofista. Un disastro, non solo ambientale.