Il rilancio del Paese passa per una politica di piena occupazione

La precarietà è un freno per lo sviluppo dell’Italia. La Pira poneva la lotta alla disoccupazione al centro della responsabilità dello Stato. Bisogna ricostruire una visione umanistica dell’attività economica.

 

Alberto Mattioli

 

L’Italia rischia d’essere una Repubblica fondata sulla precarietà, l’assistenzialismo e i pensionati. Il lavoro è poco e provvisorio anche se paradossalmente ci sono settori, ad esempio ristorazione e meccanica, che hanno fame di lavoratori che non trovano. Turismo ed export di tante produzioni eccellenti tirano, il made in Italy piace ma ciononostante la stabilità sociale necessaria per uno sviluppo costante ha le gambe fragili delle troppe persone che non trovano solida occupazione. Eppure l’Italia è una repubblica fondata sul lavoro come da articolo 1 della Costituzione. Inoltre agli articoli 3 e 4 della Carta, il lavoro viene concepito non solo come il diritto che garantisce il pieno sviluppo della persona ma anche come un dovere che contribuisce al progresso materiale e spirituale della società. E se concepiamo la democrazia non solo come regole del sistema politico-istituzionale, ma come lo spazio vitale che deve garantire la realizzazione delle persone, è evidente il grave vulnus democratico. “Il lavoro è un diritto e lo Stato moderno ha come primo compito di non creare disoccupazione e miseria” affermava nel 1950 Luigi Einaudi – rigoroso maestro liberale- in risposta all’appello in “difesa della povera gente” di Giorgio La Pira in cui indicava la lotta alla disoccupazione e lo sradicamento della miseria come impegno primario dello Stato; lo ha ricordato il Presidente Sergio Mattarella durante le celebrazioni della primo maggio.

 

Compito della politica e di tutte le categorie è quindi predisporre un piano, un patto solenne, che abbia come obiettivo la piena occupazione e la salvaguardia delle nostre filiere produttive di eccellenza fatte di antiche sapienti dottrine da mantenere e tramandare perche’ le nostre comunità sono forti quando esprimono la propria cultura ed esperienza. Fra tradizioni e sviluppi tecnologici il lavoro è un insieme di patrimoni che costituiscono la dignità e forza di un popolo. E della migrazione dobbiamo fare una forza propulsiva, non solo una emergenza. Il taglio delle tasse promosso in questi giorni dal governo sara’ utile se diverra’ strutturale e non un bonus occasionale. Le ingenti risorse del Recovery Plan vanno ben impiegate in investimenti infrastrutturali. La spietata concorrenza al ribasso del costo del lavoro anche mediante lo spostamento di produzioni in altri paesi più convenienti, richiede un approccio europeo.

 

Le istituzioni politiche e degli imprenditori, devono arginare questa distorsione che altera il senso dell’economia ispirato da criteri di giustizia redistributiva e dalla destinazione universale dei beni della terra. Papa Francesco ha denunciato la deriva neo liberista del mordi, guadagna e fuggi; la schiavitù della performance immediata del paradigma “fiat capital gain et pereat omnia” che eleva il guadagno a fine e si disinteressa del destino umano come denunciato dall’economista Marco Vitale. L’occupazione dev’essere la priorità del governo e degli imprenditori in quanto per aumentare produzioni, fatturati e utili abbiamo bisogno di più consumatori. Le imprese hanno responsabilita’ sociali. Il boom degli anni ’60 fu anche dovuto a imprenditori che si prendevano cura dei dipendenti e delle comunità facendo funzionare l’ascensore sociale. L’articolo 41 della Costituzione ricorda: “Liniziativa economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con lutilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana. La legge determina i programmi e i controlli opportuni perché lattività economica pubblica e privata possa essere indirizzata e coordinata a fini sociali”.

 

Tutto il sistema Italia deve ripartire da qui e ricostruire  una visione umanistica dell’attività economica. “Omnium rerum mensura homo”, l’uomo deve tornare ad essere la misura di tutte le cose.