Il Terzo Polo è al capolinea?

La somma di due micro ‘partiti personali’ non può vincere la sfida di rilanciare un progetto politico centrista, riformista e innovativo. Serve un partito aperto, democratico e autenticamente plurale. Il futuro del ‘terzo polo’ è legato esclusivamente alle scelte politiche concrete.

Dunque, il recente dato amministrativo regionale ha consegnato alcuni elementi inequivocabili. Dal consolidamento del centro destra a trazione Giorgia Meloni al continuo sbandamento della sinistra post comunista, dall’inconsistenza variabile del populismo dei 5 stelle al grande punto interrogativo rappresentato dal cosiddetto “terzo polo”.

E, su questo versante, è abbastanza evidente che si tratta di un progetto politico che adesso richiede di essere chiarito. E forse definitivamente. Se dovessimo subito mettere il dito nella piaga c’è un nodo che va sciolto e rapidamente. Ovvero, difficilmente la somma di 2 micro ‘partiti personali’ può vincere la sfida di rilanciare un progetto politico centrista, riformista e innovativo. Due piccoli partiti personali dove, com’è evidente, tutto dipende dal “capo” e la selezione della stessa classe dirigente a livello parlamentare e di partito è il frutto esclusivamente dalla ‘fedeltà’ al leader, non può pretendere di avere una grande e feconda prospettiva politica. Detto in altri termini, o il cosiddetto ‘terzo polo’ si trasforma in un autentico partito democratico, contendibile, plurale e aperto a forze e a culture politiche riformiste e di governo, oppure il cammino sarà sempre più accidentato. E, del resto, il voto laziale e lombardo non è che la semplice conferma di questa riflessione. Penso, nello specifico, ad un partito ‘modello Margherita’ dove la presenza di filoni ideali specifici contribuisce a creare un soggetto politico autenticamente plurale e che fa della unità di queste svariate culture politiche la ragion d’essere di un rinnovato “patto federativo”. Ma si tratta, però, di una federazione che non va confusa con la semplice sommatoria di due nomenklature rigorosamente selezionate dal capo. Perchè un partito del genere non solo allontana sempre di più elettori, militanti, simpatizzanti e le rispettive culture politiche ma semplicemente si riduce ad essere un fatto meramente autoreferenziale e del tutto personale.

Certo, si tratta di un atto di coraggio e anche, forse, di coerenza e di lungimiranza politica. Una cosa, però, è certa. Si tratta di capire se i due capi partito intendono ribaltare il tavolo, come si suol dire, oppure se si limitano a solenni pronunciamenti pubblici di cambiamento radicale e di rinnovamento palingenetico e poi proseguono, invece, il metodo scelto con la formazione delle liste per le elezioni politiche del settembre scorso. Cioè nomine personali e di esclusivo gradimento del capo.

Ed è proprio su questo versante che si gioca il futuro e la prospettiva del ‘terzo polo’. Al riguardo, è di tutta evidenza che l’area Popolare e cattolico sociale difficilmente potrà riconoscersi in un progetto politico guidato da due partiti personali e da scelte politiche che dipendono dagli umori quotidiani dei due capi. Se l’area Popolare e cattolico sociale era, è e resta alternativa a qualsiasi deriva populista, anti politica, giustizialista e qualunquista interpretata dal partito di Grillo e di Conte e a chi si allea con costoro, è altresì vero che la cultura riformista e una politica di centro richiedono un partito aperto, democratico e autenticamente plurale.

Ecco perchè, d’ora in poi, il futuro del ‘terzo polo’ è legato esclusivamente alle scelte politiche concrete che si faranno, e anche e soprattutto dopo la batosta elettorale delle recenti regionali. Solo rispondendo a queste domande specifiche noi sapremo cosa sarà il ‘terzo polo’, quali politiche concrete percorrerà e, soprattuto, quale modello di partito intende perseguire.