Impotenza o rinnovamento? La sfida politica dei cattolici.

Occorre evitare una strutturale e quasi scientifica impotenza dell’agire politico possa trasformarsi, nell’arco di poco tempo, in una sostanziale e rinnovata fuga dalla dimensione pubblica. Nonostante lo slancio generoso di molti cattolici.

Si moltiplicano, e giustamente, le iniziative per rilanciare una rinnovata presenza politica e pubblica dei cattolici italiani. Certo, si tratta prevalentemente di iniziative che purtroppo si inseriscono in un solco che conta molte delusioni, sconfitte, illusioni e, soprattutto, improvvisazione. Al riguardo, negli ultimi anni della sua vita Guido Bodrato, “maestro” del cattolicesimo democratico nonchè storico leader della sinistra dc, amava sempre ricordare che “un progetto politico è credibile nella misura in cui si colloca attivamente nel tempo in cui si vive”.

Detto in altre parole, quando una intuizione, una proposta o un progetto politico, culturale e programmatico non riescono ad incidere o a condizionare concretamente il contesto politico è perché quel progetto non riesce ad intercettare ciò che in quel particolare momento storico caratterizza la nostra società. E questo malgrado la cultura politica, la testimonianza disinteressata, la serietà dei proponenti e forse anche lo stesso progetto, siano seri e del tutto rispettabili. E, allora, a fronte di questo specifico e perdurante problema, sorge spontanea una domanda: e cioè, ma passa attraverso la riproposizione dello stesso progetto e della medesima modalità organizzativa la soluzione del problema? Detto con termini ancora più crudi, la riproposizione di una sorta di Ppi – esperienza cara ed indimenticabile per molti di noi – può continuare ad essere la carta decisiva per rilanciare la presenza politica e culturale dei cattolici nella cittadella politica italiana?

Eppure, ed è inutile negarlo, nella vasta e variegata periferia italiana cresce la volontà e la necessità di ridare un maggior e miglior protagonismo ai cattolici democratici, popolari e sociali da ormai troppo tempo marginali e periferici rispetto alla soluzione dei problemi che sono in cima all’agenda della politica italiana. Ma si tratta di un protagonismo che, forse, non è più veicolabile lungo i tradizionali percorsi organizzativi. Anche se, e non si può negare, cresce l’insoddisfazione nei confronti di una sudditanza culturale a partiti che hanno un’altra ragione sociale, una prospettiva politica e anche una dimensione valoriale del tutto estranea ed esterna rispetto alla storia, alla cultura e alla stessa prassi del cattolicesimo politico italiano. Basti citare il Pd della Schlein, la Lega salviniana o i partiti estremisti e populisti che sono quasi antropologicamente alternativi rispetto al popolarismo di ispirazione cristiana.

Ecco perché, e in attesa che maturino le condizioni affinché quella precisa e definita modalità organizzativa e politica possa realisticamente decollare e seppur in presenza di un pluralismo elettorale sempre più marcato dell’area cattolica italiana, si tratta nel tempo presente di saper condizionare il più possibile la prospettiva di quei partiti che perseguono un dichiarato e spiccato progetto centrista e riformista. Cioè che praticano una linea politica dove proprio l’apporto e il contributo dei cattolici democratici, popolari e sociali possono essere ancora una volta decisivi e determinanti. E questo per evitare che una strutturale e quasi scientifica impotenza dell’agire politico possa trasformarsi, nell’arco di poco tempo, in una sostanziale e rinnovata fuga dalla dimensione pubblica e politica. Che, lo ripeto ancora una volta, non riflette affatto la concreta sensibilità contemporanea della stragrande maggioranza dei cattolici italiani.