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mercoledì, 11 Giugno, 2025
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In Iran neanche i cani possono respirare: una nuova repressione quotidiana

La proibizione di portarli a spasso mette in rilievo la natura di un regime che teme perfino la gioia. Anche gli animali, se non servono, devono restare nell’ombra. È la logica dell’oppressione.

In Iran c’è una ultima novità ed è il divieto di portare a spasso i cani. Tutto ciò che è spasso o divertimento va inibito perché non si espandano le maglie della fantasia e della libertà. Non sembra ci siano prescrizioni particolari per gatti, maialini, conigli o pappagalli ma ci sarebbe da credere che la faccenda potenzialmente potrebbe riguardare anche loro.

Animali da affezione? Meglio rinchiusi

L’animale è ciò che dà vita, che anima chi lo frequenta. Sarà per questo che è scattata la proibizione, perché in quella terra tutto deve essere, come il buon vino, fermo e stabile, lontano da ogni sussurro di vento che possa richiamare una punta di agitazione. Ogni respiro non deve essere frizzante quanto composto al minimo della sopravvivenza. L’Iran è il magico laboratorio di ciò che non si spegne ma neanche si accende.

Le ragioni del provvedimento di tenere i propri cani nel recinto di casa sarebbero nel garantire la salute pubblica, la pace e il benessere. I cani sarebbero insomma dei terroristi ideologici in grado pericolosamente di corrompere gli usi e lo stile di vita islamico.

Potrebbero portare stilettate al cuore del regime e pertanto è bene che ciascuno eviti di portarseli in giro in passeggiata, magari anche con compiacimento e ostentazione. Potrebbero costituire un “problema sociale distruttivo”, essere uno strumento di socializzazione, e questo contribuirebbe a compromettere la solidità del potere costituito.

Ammessi solo se servono

Discorso diverso sarebbe per i cani addetti ad una attività di lavoro come la caccia, la pastorizia o da guardia. Soltanto in quel caso ci sarebbe licenza di possederli, posto che non vanno in giro per le città a far sfoggia del loro manto.

La caccia e la pastorizia sono attività in solitaria che non si praticano certo in città, e non c’è rischio alterino la mentalità dei costumi. Quanto alla guardia, si tratta di bestie tenute a catena o giù di lì e non vanno a zonzo inutilmente ad eccitare l’ambizione di mode occidentali.

Dunque anche per i cani ci sarebbero differenze di rango e di relativi privilegi, riconosciuti solo se producono utilità che non sia quella di affezione. 

Il timore del legame, anche simbolico

Con PET si intende appunto un animale da compagnia che richiama il “cum panis”, con chi mangiare il pane insieme, condividere lo spazio, il tempo ed anche il cibo. Quindi si dovrà stare attenti a non scatenare l’ira degli Ayatollah, vigili a che tutto resti com’è, che il tempo ripudi se stesso fermando il suo scorrere.

Chissà se verrà inibita anche un’altra PET, la Positron Emission Tomography, che pure potrebbe essere utile per salvare la salute. Per adesso criceti, serpenti e pesci rossi possono stare tranquilli, ma non è detta l’ultima parola.