In Italia bisogna ragionare sulla espansione dei Brics nel bacino mediterraneo

Forse è arrivato il momento di pensare a come starci nel mondo multipolare, sfruttando la collocazione della Penisola che ci permette più di altri di cogliere le opportunità offerte dall'allargamento dei Brics nel Mediterraneo.

Sono diciannove i Paesi che, per il momento, hanno chiesto di aderire al Coordinamento dei Brics. Lo ha reso noto Anil Sooklal, ambasciatore presso i Brics, del Sudafrica che detiene la presidenza di turno, specificando che fra questi Paesi tredici hanno avanzato una formale richiesta di adesione e sei hanno espresso la volontà politica di farlo. Il tema dell’allargamento e delle modalità con cui sarà fatto, verrà discusso al vertice dei ministri degli esteri dei Paesi Brics che si terrà a Città del Capo il prossimo primo giugno, in vista del XV vertice dei leaders Brics che si terrà a Durban dal 22 al 24 agosto prossimo.

 

L’allargamento dei Brics costituisce un processo di rilievo per gli equilibri globali. Diventa importante, e urgente data la rapidità con cui sta avvenendo, definire l’atteggiamento e la strategia da tenere verso i Brics allargati, o Brics Plus, come potrebbero decidere di chiamarsi dopo le nuove adesioni.

 

L’Italia è lo stato occidentale più interessato poiché quasi tutta la sponda Sud del Mediterraneo (Algeria, Tunisia, Egitto, Siria, Turchia) nei prossimi anni potrebbe ritrovarsi nei nuovi Brics. Se la sappiamo cogliere, questa è una opportunità straordinaria per l’Italia che può rendere il nostro Paese un laboratorio di dialogo e di partenariato tra il nostro sistema di alleanze e quello che si sta consolidando fra un numero rilevante di stati emergenti, e rendere l’Italia il centro dell’incontro tra questi due mondi.

 

L’apertura di un nuovo ciclo di relazioni improntate all’interdipendenza e alla collaborazione tra Est e Ovest (significativa è anche la scelta del governo italiano di ospitare a Otranto, porta verso l’Oriente, il prossimo G7) appare favorita anche da processi di pacificazione che stanno avvenendo con impressionante velocità fra Paesi che hanno richiesto l’adesione ai Brics. Ex nemici di un passato recente, che hanno combattuto guerre devastanti, innescate e sostenute perlopiù da soggetti esterni, ora hanno normalizzato le relazioni diplomatiche e si ritrovano addirittura alleati.

 

Qualche significativo esempio.Turchia e Siria, con Damasco riammessa con tutti gli onori nella Lega Araba; Arabia Saudita e Iran, che sono tornati a parlarsi grazie alla mediazione di Pechino, e nonostante la loro guerra per procura in corso nello Yemen, che adesso non sembra aver più ragion d’essere.

 

Pakistan e Afghanistan, che, in aggiunta alla loro comune prospettiva nei Brics Plus, hanno deciso, insieme alla Cina, lo scorso aprile, di estendere il Corridoio Economico Cino-Pakistano (CPEC) al disastrato Afghanistan. Dopo 20 anni di occupazione occidentale, seguita a quella sovietica, un Paese da 40 anni in guerra vede, per la prima volta, a portata di mano un processo di enorme sviluppo perché, nonostante tutto, con la Cina arriva lo sviluppo, interessato quanto si vuole (Pechino vede l’Afghanistan come hub commerciale strategico per la Belt and Road Initiative, la nuova Via della Seta), ma le infrastrutture per lo sviluppo i cinesi le hanno realizzate in Africa, nel vicino Pakistan e tutto lascia presagire che le faranno anche in Afghanistan.

 

Dal punto di vista geopolitico sembra assumere una particolare rilevanza il fatto che quasi tutta l’Asia Meridionale e Indo-Pacifica, dall’Iran all’Indonesia, intenda aderire ai Brics. Noi europei riteniamo l’Europa il principale teatro in cui si definiscono gli equilibri mondiali (purtroppo in questa fase anche attraverso il ricorso alla guerra, scaturita dall’invasione russa dell’Ucraina). Ma l’Asia Meridionale, da cui passa il controllo dei mari, necessario per contenere l’Eurasia, non è da meno per importanza.

Ora, di fronte al processo di allargamento dei Brics, non è pensabile che l’Occidente possa isolarsi e barricarsi dietro i suoi confini.

 

Forse è arrivato il momento di pensare a come starci nel mondo multipolare. Sia come nazione, sfruttando adeguatamente l’invidiabile collocazione geografica della Penisola che ci permette più di altri di cogliere le opportunità offerte dall’allargamento dei Brics nel Mediterraneo, sia come Europa, sia come Occidente.

 

Una missione e un servizio che gravano innanzitutto sugli Stati Uniti per il ruolo guida che a loro compete e che, senz’altro e dopo gli opportuni chiarimenti all’interno dei loro gruppi dirigenti, saranno in grado di assolvere nel modo più idoneo a definire a nome di tutto l’Occidente un accordo vantaggioso di collaborazione con i Brics e con il Resto del Mondo per la gestione della politica mondiale, che riduca al minimo e possibilmente disinneschi dal loro interno le occasioni e i teatri di conflitto e rafforzi la stabilità e la pace nella giustizia nel mondo intero.