Insieme | Andando a zigzag, la Meloni ha perso clamorosamente in Europa.

Il prezzo della sua imperizia rischia di pagarlo l’Italia, che finisce per essere omologata al dato politico contingente del governo attualmente in carica. Di seguito un ampio stralcio dell’articolo di Galbiati.

Domenico Galbiati

 

[…] Giorgia Meloni, visibilmente contrariata dall’alleanza tra popolari, socialisti e liberali che la esclude, contesta il fatto, in sé ovvio, che in un Parlamento si formi una maggioranza politicamente connotata.
Per altro verso, si riscopre leader di governo ed invoca, per l’attribuzione dei ruoli apicali e per la stessa nomina dei Commissari, un cambio di registro, incardinato sui paesi come tali, piuttosto che sulle affinità di ordine politico che, appunto, diano luogo, alla formazione di un’alleanza dotata di una propria visione e di un proprio programma.

Sicuramente si tratta di due chiavi interpretative che devono essere fatte convivere, ma non si può negare la prima e privilegiare unilateralmente la seconda, come se pensassimo l’Europa – ma non è, infatti, questo l’intendimento della Meloni ? – come una “confederazione” di stati o di nazioni, piuttosto che come progetto politico orientato all’ unità del continente.

Ad ogni modo, dopo tante roboanti parole, il prezzo di tale imperizia rischia di pagarlo l’Italia, che finisce per essere omologata al dato politico contingente del governo attualmente in carica.
Infine – ed è un elemento da non sottovalutare – l’ultima pennellata al capolavoro di Giorgia Meloni la danno i suoi stessi più cari amici. Da Orban che sostiene il socialista Antonio Costa, al leader ceco Fico – quest’ultimo organico al raggruppamento dei conservatori – il quale vota tutte e tre le figure in gioco; e poi i conservatori polacchi che stanno valutando se abbandonare o meno Giorgia Meloni. Comunque, ad essere letteralmente frullata nel gorgo scomposto di tante contraddizioni è soprattutto Forza Italia.
È lecito chiedersi come la mette, a questo punto, Antonio Tajani?

 

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