Insieme | Nella Chiesa c’è posto per tutti. Intervista con Mons. Ricchiuti.

Il Vescovo della Diocesi di Altamura-Gravina in Puglia-Acquaviva delle Fonti, nonché Presidente di Pax Christi, espone le sue idee nel colloquio riportato da Insieme,mensile online del Pd della Puglia, diretto da Gero Grassi.

Giovanni Ricchiuti, nato a Bisceglie il 1° agosto 1948, è stato eletto Arcivescovo di Acerenza il 27 luglio 2005 ed è attualmente Vescovo della Diocesi di Altamura-Gravina in Puglia-Acquaviva delle Fonti, nonché Presidente del movimento cattolico internazionale per la pace, Pax Christi. Da sempre impegnato per promuovere la pace e tutelare le esigenze di tutta la comunità ecclesiale, racconta la sua esperienza e i suoi pensieri.

Monsignor Ricchiuti, lei è Vescovo di una grande Diocesi. Quali emozioni e paure ha provato, in virtù della responsabilità di rappresentare una comunità così grande?

Provenendo da otto anni di Ministero Episcopale nella piccola Arcidiocesi di Acerenza, diventato Vescovo della Diocesi di Altamura – Gravina – Acquaviva, ho capito che avrei dovuto affrontare una situazione pastorale numericamente molto grande e che in passato ha ricevuto un forte impulso, grazie al mio predecessore – il Monsignor Mario Paciello – che ha indetto un Sinodo per la Chiesa diocesana, al fine di renderla al passo con i tempi e con le problematiche dei tempi. Sono arrivato in Diocesi, il 15 ottobre 2013, con aria serena. Tra laltro, essendo stato Rettore del Seminario Regionale di Molfetta dal 1994 al 2005, la gran parte del presbiterio della Diocesi di Altamura – Gravina in Puglia – Acquaviva delle Fonti era a me conosciuto, perché alcuni giovani sacerdoti erano stati miei alunni di formazione a Molfetta. Sapevo che laccoglienza nei miei confronti sarebbe stata molto gioiosa. Quindi sono arrivato con grande serenità, nella consapevolezza che la Diocesi presenta un cammino molto impegnativo. Tuttavia ho provato qualche timore perché, accanto alle situazioni pastorali, il Vescovo di questa Diocesi riceve anche limpegno di essere Governatore dellOspedale Miullidi Acquaviva delle Fonti, grande ospedale di eccellenza al servizio della Puglia. Questa è stata una responsabilità piuttosto grande perché, nonostante io non entri nelle logiche aziendali, da rappresentante legale di quellente ecclesiastico sono tenuto a vigilare sul buon andamento dellospedale. In ogni caso, il dialogo con i sacerdoti è stato fondamentale, per poter percorrere e orientare un cammino pastorale verso obiettivi comuni. Ricordo che nel mio indirizzo di saluto ho detto: Carissimi diocesani, dallArcidiocesi di Acerenza ho visto spesso le luci di Altamura, Gravina in Puglia e Acquaviva delle Fonti. Vengo tra voi con spirito di servire questa Chiesa e continuare ad edificare la comunità ecclesiale della Diocesi. Con questi sentimenti sono entrato, ed essendo io una persona molto sorridente, questo ha sicuramente facilitato il rapporto tra Vescovo e fedeli, che oggi pensano di me che sia un Vescovo alla mano, vicino alle esigenze pastorali e non solo.   

In riferimento al rapporto con i fedeli, stiamo assistendo negli ultimi anni ad un forte spopolamento delle parrocchie, soprattutto da parte delle nuove generazioni.  Avverte questo problema? Quali strumenti si dovrebbero adottare per un avvicinamento alla Chiesa ed alla fede?

Un momento molto delicato è stato rappresentato dallo scoppio della pandemia nel 2020, che ha segnato una cesura. Oggi possiamo parlare di una lenta ripresa, dopo aver notato una certa fatica negli anni passati. Tuttavia, secondo me da quel momento c’è stato un prima, un durante ed un dopo. Prima del Covid -19 abbiamo perseguito un cammino, in cui levangelizzazione, il dialogo con le nuove generazioni e la famiglia sono stati al centro delle priorità pastorali. C’è stato un bellissimo momento del cammino pastorale familiare che nel 2017 ha consentito – grazie a laiche, laici, sacerdoti e volontari – di concretizzare un mio sogno, ossia la realizzazione del Consultorio familiare di ispirazione cristiana, chiamato Amoris Laetitia, situato presso alcuni locali messi a disposizione dalla Santissima Trinità (nella Chiesa della Trasfigurazione), ad Altamura. Ad oggi, però, un problema che sta attraversando tutta la Chiesa occidentale è la mancanza di confronto con i giovani. La pastorale giovanile, che è sempre stata molto vivace, sta subendo la distanza tra la Chiesa ed i giovani. Tuttavia, devo ammettere che proprio la risposta dei giovani fedeli è stata importante in questi anni ed in diversi momenti: la Giornata Mondiale dei Giovani a Cracovia, dove cento giovani hanno partecipato; il pellegrinaggio di 100 km a Santiago, dove si sono presentati in ottanta dalla Diocesi; infine, la Giornata Mondiale dei Giovani a Lisbona, dall1 al 6 agosto 2023, dove cerano un milione e mezzo di ragazzi da tutto il mondo. Questi sono dati importanti, da cui dovremmo partire per lavorare con molta fiducia. Dal mio punto di vista, la spiritualità dei giovani non si misura solo dal fatto che in Chiesa, ad esempio, ce ne sono pochi, e soprattutto il problema del mondo giovanile non riguarda soltanto la Chiesa, ma diversi ambiti, come il lavoro. Ciò che possiamo fare è continuare a dialogare con loro, anche se ad oggi preferiscono altro alle parrocchie. Però la Chiesa è in cammino, è una Chiesa – utilizzando le parole di Papa Francesco –in uscita. Ed è necessario incontrare e ascoltare i giovani. Sarebbe bello se la Chiesa, la Scuola e tutta la comunità lavorassero affinché i giovani tornino a camminare insieme a noi. In definitiva, non bisogna scoraggiarsi, pur essendo realisti: è necessario lavorare per una Chiesa che sappia attrarre, tutti insieme.

In varie occasioni, Papa Francesco ha aperto le porte della Chiesa anche alla comunità LGBTQIA+. In particolare, durante la GMG (Giornata Mondiale della Gioventù) a Lisbona, ha affermato con fermezza: Nella Chiesa c’è spazio per tutti. Così come siamo, tutti.. In che modo, concretamente, ci si può ritagliare questo spazio? Lei crede che la Chiesa sia pronta ad una rivoluzione simile?

La Chiesa è consapevole di vivere nel mondo e di essere attenta a come questultimo cambia e si riorganizza. Le scelte delle persone vanno rispettate e ciò che conta, prima di tutto, è lumanità. Echiaro che nella Chiesa c’è posto per tutti, io sono in sintonia con Papa Francesco, ma bisogna mettere in atto questa apertura: bisogna cercare il dialogo con i fratelli e le sorelle della comunità LGBTQIA+. Poi si può discutere su temi delicati, come la genitorialità, ma anche in quel caso non bisogna farlo con preconcetti, ma magari avvalendosi di esperti che sappiano dirci se un bambino cresca sereno oppure no con due papà o due mamme.

E il matrimonio fra persone dello stesso sesso?

Per me il matrimonio è quello di cui, tradizionalmente, si parla nella Sacra Scrittura. Maschio e femmina li creò” (Genesi, 1,26-28), si legge nella Bibbia. Per noi questa non è unopinione, ma è la Parola di Dio. Sicuramente questa va interpretata: io sono dellopinione che non ci sono problemi se due uomini o due donne vogliono vivere insieme, tuttavia fatico a chiamare quel legame matrimonio. Noi Vescovi riceviamo spesso lettere di appartenenti alla comunità LGBTQIA+ cattolici, che chiedono di essere ascoltati e accettati. Noi abbiamo questo compito. Dico di più: se una coppia di due uomini o due donne credenti hanno un bambino e costoro chiedono che il bambino sia battezzato, quel bambino, per me, deve essere battezzato. C’è poco da fare. Non si può vietare il battesimo, quel bambino deve essere accettato dalla comunità. Se lei mi chiede, invece, se siamo pronti a questo cambiamento, le dico che probabilmente non lo siamo, non solo come Chiesa ma come società. Questa è una rivoluzione culturale che necessita dei suoi tempi, e la comunità ecclesiale – la cosiddetta Chiesa tradizionalista– deve certamente maturare. Ma in ogni caso, la Chiesa deve essere un esempio di accoglienza e di non discriminazione per tutti.

Un altro tema molto dibattuto è quello relativo al celibato sacerdotale. Sul tema il Papa ha affermato che questa disciplina potrebbe essere rivista. Lei è dello stesso avviso?

Io mi sono sempre espresso in merito affermando che la Chiesa chiama i sacerdoti al celibato per poter dedicare la propria vita completamente allevangelizzazione, diversamente da quanto accade nella Chiesa ortodossa, che consente invece il sacerdozio uxorato. Nella nostra Chiesa romana i giovani sacerdoti sono educati e sono consapevoli di questobbligo. Sicuramente non è facile, perché ogni persona ha le proprie istintualità e i propri sentimenti, ma un sacerdote deve saper dominare le passioni per coerenza con la propria scelta. La disciplina potrà cambiare? Per me la scelta dovrebbe essere affidata al sacerdote, ma anche per questa riforma la Chiesa non è del tutto pronta.

E il sacerdozio alle donne?

Come affermava il Cardinale Carlo Maria Martini, dobbiamo essere in ascolto dello Spirito Santo. Sarebbe un cambiamento radicale che avrà bisogno di moltissimo tempo. La Chiesa vive e continua a sopravvivere nel mondo e ogni cambiamento va commisurato con la tradizione, frutto della lettura del Vangelo, e le situazioni che si presentano devono essere lette nellottica del Vangelo.

Lei è il Presidente di Pax Christi ed a tutti è noto il suo incessante impegno per promuovere la pace, soprattutto in questi lunghi mesi di guerra in Ucraina. Ha anche pronunciato una bellissima omelia dopo la Marcia per la pace, tenutasi ad Altamura il 31 dicembre 2022. Abbiamo bisogno di pane e non di armi” è stata sicuramente la frase più significativa. Come si pone fine alla guerra? Ma soprattutto: come si promuove la pace?

Abbiamo bisogno di una rivoluzione culturale dal punto di vista della razionalità. Mi trovo in piena sintonia con lEnciclica Pacem in terris di Papa Giovanni XXIII dell11 aprile 1963, definita dallOnorevole Giorgio La Pira (Sindaco di Firenze negli anni cinquanta e sessanta il manifesto di un mondo nuovo. La Pace è un dono di Dio ed è affidata alla ragione della persona umana. Se questa ragione non c’è, ecco che nasce la guerra. Alienum est a ratione si legge nellEnciclica: pensare di risolvere i conflitti con la guerra è pazzia. I conflitti vanno superati con il dialogo, con il riconoscimento che ogni persona umana ha la sua dignità, che non va toccata. Auspico un cambiamento di mentalità: è follia ritenere che i conflitti si possano risolvere con la guerra, perché i danni che provoca questa follia sono sotto i nostri occhi, soprattutto se pensiamo a tutte le guerre che ci sono nel mondo. La Chiesa e la comunità ecclesiale non possono tacere sulla questione della pace e non possono mettere in dubbio ciò che Gesù ha detto nel Vangelo: Beati quelli che non sono violenti” (Matteo 5,3-12). Se saremo educati alla fratellanza e alla solidarietà, allora saremo profeti di pace e riterremo razionale – finalmente – non la guerra, ma il dialogo.

Tra qualche mese terminerà il suo mandato da Vescovo della Diocesi di Altamura – Gravina in Puglia – Acquaviva delle Fonti. Questo è il tempo dei bilanci. Che valutazione dà al suo vescovado e quali sono le prospettive future, per questa Diocesi e per la Chiesa tutta?

Io sono sereno, so di aver messo limpegno di cui ero capace. Il 9 settembre 2023 ho compiuto cinquantuno anni da quando sono diventato sacerdote e sono nel diciannovesimo anno di Ministero Episcopale: sicuramente avverto la fatica, ma sono ugualmente contento del mio percorso. Continuerò il mio cammino nella Chiesa, come uomo e come cristiano, e mi aspetto che la Chiesa continui il suo cammino nel mondo di oggi. Mi aspetto una Chiesa che non si rinchiuda solo per paura. Importante è non perdere lentusiasmo, dire quel sì” che segna profondamente la vita dei fedeli e che ha segnato la mia esistenza ben cinquantuno anni fa. Continuare a dire questo sì alla Chiesa. Laugurio è che anche la Chiesa possa continuare a dire il suo sì di entusiasmo, continuando a dire parole e gesti che contribuiscano ad un futuro migliore.