Intervista | Roberto Pesce racconta il mistero dell’universo e i progressi della scienza.

Conversazione a tutto campo con l’astrofisico genovese. “Osservare l’infinitamente grande può aiutarci ad acquisire la giusta dose di umiltà con cui dovremmo affrontare la vita”. In fondo il link per l’intervista integrale

Francesco Provinciali

 

Caro Prof. Pesce con il suo autorevole aiuto stiamo approfondendo lesplorazione dello Spazio e i misteri dellUniverso.

Dopo la contemplazione del Cosmo e della volta celeste, dalle foto pervenute dallUltima Thule alle ipotesi di vita altrove, la scoperta di Sagittaris A il buco nero della nostra galassia— e il viaggio immaginifico al centro della Terra per capire i misteri dei movimenti rotatori interni, oggi è la volta delle onde gravitazionali come causa di quello che è stato definito il respiro dellUniverso”.

Dobbiamo ad una intuizione di Einstein (nel 1916) lesistenza delle onde gravitazionali ma solo recentemente esattamente nel settembre 2015 venivano rilevate come risultato della collisione di due buchi neri. Esse sono state definite la più importante scoperta del secolo.

Per quale motivo? In che cosa consistono? Esistono onde gravitazionali ad alta frequenza e a bassa frequenza. Ce ne vuole parlare?

 

Cercherò di fare una sintesi sul concetto di onda gravitazionale, sperando di essere comprensibile anche a chi non ha conoscenze in materia. Nel 1916 Albert Einstein pubblica la sua teoria della relatività generale, che tratta in sostanza della forza di gravità e della sua interazione con la struttura spazio-temporale dell’Universo. Cuore di questa teoria sono dieci equazioni, dette “equazioni di campo”, che fanno ricorso a modelli e strumenti matematici molto complessi.

Come tutte le equazioni “complicate”, anche quelle di Einstein sono estremamente difficili da risolvere e molte soluzioni sono ottenibili solo grazie a semplificazioni e approssimazioni. È appunto utilizzando alcune approssimazioni che si può trovare che tra le possibili soluzioni delle equazioni di Einstein ce ne sono alcune di tipo ondulatorio, ovvero delle perturbazioni che attraversano la struttura spazio-temporale del cosmo e la fanno oscillare attorno ad una posizione di equilibrio. In pratica, al passaggio di un’onda gravitazionale, la distanza tra due oggetti oscilla tra un valore minimo e un valore massimo.

Ovviamente questo effetto è estremamente piccolo ed è impossibile accorgersene senza la opportuna strumentazione. Attenzione a non confondere le onde gravitazionali con quelle sismiche. Nel secondo caso le oscillazioni sono molto più evidenti ed è la terra a vibrare e a far vibrare gli oggetti posati su di essa; nel caso di onda gravitazionale è proprio lo spazio-tempo stesso a oscillare.

Pochi decenni prima di Einstein, intorno al 1860, James Clerk Maxwell, aveva sintetizzato in quattro equazioni le proprietà dei campi elettrici e magnetici, e anche in quel caso si era trovato che tali equazioni prevedevano delle soluzioni “oscillanti”, chiamate onde elettromagnetiche, che in pratica descrivono tutta la radiazione elettromagnetica che ci circonda, dalla luce visibile alle onde radio ai raggi X. La scoperta sperimentale delle onde elettromagnetiche risale al 1888 da parte di Heinrich Hertz e nel 1895 Marconi e Roentgen rispettivamente inventarono la radio e la macchina per produrre raggi X.

Già nel 1893 Oliver Heaviside e nel 1905 Henri Poincaré avevano immaginato l’esistenza di un analogo gravitazionale delle onde elettromagnetiche, senza partire da una teoria fisico-matematica adeguata, ma soltanto perché in questo modo la descrizione delle forze elettromagnetiche e di quelle gravitazionali sarebbe stata somigliante in tutto e per tutto. Quando dieci anni dopo Einstein costruisce una teoria con cui si può prevedere l’esistenza delle onde gravitazionali in un certo senso molti intravedono un’allettante possibilità di confermare questa idea.

Il problema è che, a differenza delle onde elettromagnetiche, il segnale di un’onda gravitazionale è estremamente debole e pertanto difficilissimo da rivelare, impossibile con i mezzi dell’epoca. Infatti la loro scoperta diretta risale a fine 2015 (con annuncio pubblico a inizio 2016), cent’anni dopo la pubblicazione della teoria della relatività. Le prime onde che sono state osservate sono state create dall’urto di due buchi neri massicci (con masse pari a 29 e 36 masse solari), un evento raro e catastrofico.

Precedentemente a questa scoperta, c’erano state solo degli indizi indiretti sull’esistenza delle onde gravitazionali, grazie alle osservazioni delle pulsar, stelle di neutroni dotate di un forte campo magnetico, con emissioni nelle onde radio. Si tratta quindi di una scoperta molto importante che permette di chiudere il cerchio aperto da Einstein e fornisce delle conferme sulle teorie fisiche fondamentali, aprendo al tempo stesso nuovi orizzonti di ricerca.

Per capire cosa succede quando si produce un’onda gravitazionale, pensiamo al classico sassolino gettato nello stagno, vediamo l’acqua che si solleva e si abbassa, formando tanti cerchi concentrici che si espandono. La fusione dei due buchi neri è il nostro sassolino; lo stagno invece è lo spazio-tempo. Per produrre delle increspature osservabili a milioni di anni luce di distanza, servono appunto eventi “apocalittici” per generare un segnale rilevabile. Infatti per poter captare le oscillazioni dello spazio-tempo servono apparecchi molto sensibili collocati in modo opportuno per schermare tutte le possibili fonti di “rumore” che potrebbero cancellare il segnale (bastano banalmente le vibrazioni di un treno che passa).

Fisicamente, le onde sono descritte da due parametri molto importanti: la frequenza, ovvero quante volte al secondo si produce la perturbazione (pensando allo stagno, quante volte sale e scende l’acqua in un punto ogni secondo) e la lunghezza d’onda, ovvero la distanza tra due punti in cui contemporaneamente la perturbazione è al massimo o al minimo (vedere figura, modificata da Wikimedia Commons).

Il prodotto della frequenza per la lunghezza d’onda restituisce la velocità di propagazione dell’onda. Nel caso delle onde gravitazionali, come per quelle elettromagnetiche, si ottiene la velocità della luce, ovvero trecentomila km al secondo. Pertanto onde ad alta frequenza hanno una piccola lunghezza d’onda e viceversa. Nel caso delle onde elettromagnetiche, ovvero della luce che vediamo, ogni lunghezza d’onda corrisponde a un colore diverso; per le onde sonore corrisponde a una nota diversa.

Per le onde gravitazionali il discorso è più complicato. Mentre le cosiddette “alte frequenze”, ovvero oscillazioni che avvengono al ritmo di qualche decina o centinaia di volte al secondo, sono originate da eventi come esplosioni stellari o fusione di buchi neri con piccola massa, la fusione di buchi neri supermassicci (vale a dire con una massa pari a milioni di masse solari) darebbe origine a onde gravitazionali di frequenza molto più bassa. Tanto per avere un’idea dell’ordine di grandezza, possiamo immaginare che per compiere un ciclo completo occorra circa un miliardo di secondi, ovvero un periodo di tempo pari a quasi 32 anni. In pratica la frequenza di oscillazione delle onde diminuisce con l’aumentare della massa coinvolta.

Potrebbero anche esistere onde con frequenza “molto alta”, dell’ordine di decine di migliaia di volte al secondo, che segnalerebbero la presenza di fenomeni molto particolari, che metterebbero in campo particelle teorizzate ma non ancora osservate. La ricerca sta iniziando a muovere i primi passi anche in questa direzione.

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