La Bonino divide, Renzi frena, Calenda guarda oltre.

Non si costruisce l’unità con un partito (+Europa) che s’inventa il presepe Lgbt o la cannabis libera o l’eutanasia à la carte. Anche Renzi è scettico. La novità passa per Calenda?

C’è un passaggio nell’intervista concessa ieri da Sandro Gozi, segretario generale del Pde, a “L’Identità” che pone un serio interrogativo sulla pretesa di Forza Italia, nel “formato” proposto dal neo eletto segretario Antonio Tajani, di essere il riferimento più accreditato per rappresentare le istanze di un nuovo centro. “Tajani sta sognando o fa illusioni” – dice Gozi. “La verità è un’altra, ovvero che da gregario di Fdi sta lavorando per svendere il Ppe all’estrema destra. I popolari devono scegliere se stare con Meloni, appoggiando l’avanzata delle destre, come propongono Tajani e Metsola, o tornare alla posizione originaria, una maggioranza europeista nella quale non c’è posto per Ecr”.

Senza troppi peli sulla lingua, Gozi solleva dunque una questione che in Europa costituisce un fattore di inevitabile discriminazione. Se non si vuole compromettere il faticoso cammino dell’Europa, la battaglia per il rafforzamento della solidarietà tra le forze popolari e democratiche resta un imperativo cui prestare la massima attenzione. Sotto questo profilo, il ruolo che può giocare la componente di Renew Europe, coerentemente schierata a sostegno dell’intesa tra popolari socialisti e liberal-democratici, non è affatto secondario. È il motivo per il quale il Pde – uno dei due pilastri, insieme all’Alde, di Renew Europe – resta attrattivo per gli europeisti di matrice democratico cristiana.

Fin qui Gozi ha ragione. Quando però accenna alla necessità di presentare una lista unitaria, fedele a questa impostazione europeista, scende su un terreno più scabroso. L’iniziativa della Bonino è già fallita, e ciò principalmente per quel mix di laicismo e liberismo che rende ostica, se non impossibile, la collaborazione con i cattolici democratici. Non si costruisce l’unità con un partito che s’inventa, alla luce di una modernità senza freni, il presepe Lgbt o la cannabis libera o l’eutanasia à la carte. Solo Elly Schlein, a sinistra, può farsene paladina, pur dovendo fronteggiare l’insofferenza – meglio si direbbe, allo stato degli atti, l’invertebrata opposizione – dell’ala cattolica più che mai rappresentata da Delrio.

Sabato anche Renzi ha dovuto chiarire nel suo intervento a Roma, davanti alla platea di Spazio Eventi, che l’unico punto di convergenza tra le diverse componenti italiane di Renew Europe sta nell’appello a favore di una Europa più integrata e solidale. Tutto il resto è fonte di polemiche e divisione, come del resto si confà alla psicologia del personale politico di formazione pannelliana.

In tale contesto non ha molto senso scaricare sulle spalle di Calenda la responsabilità del mancato decollo di quella che per l’occasione è stata chiamata “lista di scopo”. Il veto a Renzi è un accidente, non la sostanza del fatto in sé. Calenda avverte a modo suo che l’esigenza vera sta nel possibile andare oltre le anguste profezie di un certo oltranzismo libertario, non facile da coniugare con la proposta di un umanesimo aperto all’etica del bene comune. Non è detto che questa intuizione possa germogliare, in definitiva per farsi organo di una nuova proposta riformatrice, ma senza una verifica attorno alla fattibilità e alla coerenza di tale prospettiva ogni ragionamento sul futuro dei “democratici e popolari” assume i contorni della inconcludenza. Per tutti il sentiero è molto stretto.