È stato un valido storico inglese, Peter Burke, a sostenere che l’ignoranza premia le dittature ed è la fonte principale del populismo. La scarsa cultura dell’elettore e il suo disinteresse verso il bene di tutti e verso la polis li favorisce. Gira moltissima confusione. Ma il mondo è cambiato lo stesso, forse proprio in virtù di questi fenomeni antropologici e di questa confusione.
Sembra tutto affievolito e rientrato, ma il colloquio, volutamente sceneggiato, tra Trump e Zelensky alla Casa Bianca ha comunque acquistato un valore storico e ha fornito a tutto il mondo una previsione su quello che potremmo verosimilmente attenderci nei prossimi anni. Le ultime notizie ci informano che la crisi dei rapporti tra Ucraina e Stati Uniti è sulla strada del superamento. Lo speriamo tutti. Rimane ancora aperto, con interrogativi forti, il rapporto tra Stati Uniti e Russia.
Fame di terre, e non solo di quelle rare; di canali marittimi, di mari e di intere nazioni. Desiderio di nuovi imperi zaristi. In ogni caso, mancanza di senso e di buon senso. Pulsioni dispotiche. Autocrazie illiberali. Insomma, quei “…fenomeni autoritari” che Mattarella vede in piena crescita e che lo preoccupano molto.
Mettiamola allora come vogliamo: un nuovo ordine mondiale è iniziato, con la crisi della democrazia liberale e la politica ridotta a spettacolo permanente. I partiti politici sono liquefatti e inesistenti, ormai tutti nelle sole mani del leader. E noi qui, nella nobile Europa, siamo ancora in attesa di uno Stato europeo, di una unità politica e di un federalismo realizzato.
Il primo mandato è da dimenticare! E lo scenario del secondo è, per la democrazia, inquietante.
Se stanno così le cose, a me sembra corretto e giusto che tutto il mondo dell’informazione democratica più avvertita si sia nutrito e continui a farlo di ‘Trumpismo’ quotidiano e del pericoloso “fenomeno” dei due tycoon comparsi sulla scena mondiale della politica. C’è alle spalle – tocca purtroppo dirlo – anche qualche cardinale, rappresentato laicamente dall’antibergogliano e nemico del Concilio Steve Bannon: quello della bellissima Certosa di Trisulti (Frosinone), che doveva essere una scuola per formare leader conservatori e sovranisti.
Due tycoon in compagnia dei loro tanti soldi, insomma; dei loro palazzi, dei loro quotidiani, delle loro televisioni e, soprattutto, dei loro social personali incanalati su padronali piattaforme collocate su padronali satelliti. A questo preoccupante scenario massmediataco-tecnologico-capitalistico, di un vertice ultraricco e psicotico con 4 o 5 matrimoni alle spalle, a capo di una nazione che ha da sempre tutelato e difeso la democrazia mondiale, vorrei solo aggiungere un particolare che, per quel poco che ho visto e letto, è stato ricordato solo da qualche raro opinionista.
Trump e Musk non sono soli. E, direi, non è solo colpa loro se fanno liberamente quel che fanno e vogliono. L’ignoranza al potere e l’arroganza del capo non sono fenomeni nuovi. Come spesso è storicamente capitato, i due leader in questione hanno una loro robusta base sociale, un seguito e un largo consenso che condivide quello che pensano, fanno e dicono. Devo ringraziare un mio caro amico che tempo fa mi ha messo in testa che è (anche) il corpo elettorale —formato dai cittadini americani e dalle loro classi sociali, alte, medie o basse che siano— a condividere l’involuzione cesarista e lo slogan ultranazionalista “MAGA”.
Le tradizioni vanno rispettate, e Trump promette di rispettarle con la sua democrazia ridotta a teatro, con la sua minacciosa testa piegata a destra e il dito indice alzato. Ma dietro le sue promesse e le sue posture sceneggiate, si nasconde ben altro. E per chi avesse avuto voglia di capire, il Capitol Hill è stata una palese avvertenza, evidentemente condivisa da quel 50% di cittadini elettori che lo hanno votato, con la presenza, ahimé, del 56% di tutti i cattolici americani.
Un corpo elettorale culturalmente debole, però. Dal momento che un’indagine Gallup rivela che oltre la metà degli americani ha capacità di lettura inferiori a un livello di prima media. Tenendo conto che “non si tratta di persone povere” – ha spiegato una ricercatrice – o solo di “minoranze razziali, o di persone che parlano in modo strano perché vengono dal sud: letteralmente può essere chiunque”. Sono infatti circa 130 milioni gli americani di età compresa tra i 16 e i 74 anni (pari al 54% della popolazione) con un’alfabetizzazione bassa. Che vanno rispettati, sino a quando però non si innamorano del dittatore di turno.
Gli Stati Uniti, allora, non sono solo le belle città con le loro valide università, Silicon Valley, l’IA e il mondo digitale e tecnologico; non sono solo Hollywood e il jazz; non sono tutti schierati col grande Martin Luther King e col suo famoso e storico “Sogno”. Ma c’è un entroterra poco indagato che alimenta le pulsioni antidemocratiche e di sicurezza a qualunque costo.
Un corpo elettorale manipolabile, imbevuto di quel valore portante del capitalismo ricco ben rappresentato da Trump. Tutto giocato sul pensate a voi soli e ad arricchirvi, perché quello che vi prometto è… un’era dell’oro! Chiudetevi dentro la vostra casa e il vostro quartiere, e proteggetevi con delle pistole che potete comprare anche nei bar. Di tutto il resto, delle migrazioni crescenti, delle disuguaglianze, dei vostri vicini, dei vostri concittadini, magari anche dei vostri parenti, disinteressatevi.
È solo con questi diffusi “valori” che si esaltano l’individualismo e l’egoismo; che si scommette tutto sull’Io, e si dimentica la persona e il Noi. Ed è solo con queste idee in testa che si vota per Trump. Dimentichi del Capitolo Quarto, paragrafo 142, della “Fratelli Tutti”, che ci raccomanda di stare attenti alla dimensione locale, da mettere però sempre in relazione con quella universale.