Archiviata la Dc come “fatto storico” e “prodotto politico” che non può che essere storicizzato, è evidente che resta aperto il dibattito su chi, oggi, rappresenta ancora quella fetta di elettorato che si è riconosciuto e che ha ancora votato quel partito. Ora, chi è in grado di farsi carico nella società contemporanea di una domanda di stabilità, di buon governo e di capacità di tenuta democratica e costituzionale, come seppe fare la Dc?
Giorgio Merlo
In una interessante inchiesta condotta dall’Ipsos su cosa votano oggi i cittadini che nel 1992 scelsero la Democrazia Cristiana – ultima volta in cui lo scudo crociato si presentò alle elezioni – emergono elementi alquanto curiosi. Secondo questo studio sarebbero oltre 5 milioni i cittadini/ elettori che votarono Dc nel ‘92 e che oggi scelgono prevalentemente 2 partiti, Fratelli d’Italia e il Pd su tutti e che poi si plasmano in minor misura su quasi tutti gli altri partiti. Insomma, un voto che riflette un pluralismo che ormai è un dato fortemente acquisito nella politica italiana. E, soprattutto, un voto che conferma – per chi non l’avesse ancora capito – che nella Democrazia Cristiana convivevano anime culturali diverse e sensibilità sociali diverse accomunate, però, dalla capacità dei gruppi dirigenti del tempo di creare una sintesi politica efficace e fortemente unitiva.
Ora, archiviata la Democrazia Cristiana perchè, appunto, è stato un “fatto storico” e un “prodotto politico” che non può che essere storicizzato, è abbastanza evidente che resta aperto il dibattito su chi, oggi, rappresenta ancora quella fetta di elettorato che si è riconosciuto e che ha ancora votato la Dc da un lato e chi, invece, è concretamente in grado di saper farsi carico nella società contemporanea – seppur difficile e complessa – di quella domanda di stabilità, di buon governo e di capacità di tenuta democratica e costituzionale. Un elemento, questo, che resta tuttora sul tappeto. Oltre allo storica domanda se è opportuna riproporre, seppur in forma diversa rispetto al passato, una esperienza politica simile a quella vissuta nel nostro paese per quasi 50 anni o se, al contrario, è auspicabile proseguire quella cultura e quel modo d’essere in politica in più partiti e in più formazioni politiche.
Ma, al di là di questa domanda a cui ormai il tempo ha dato una risposta compiuta, l’unico elemento che merita di essere ripreso – e che la stessa ricerca dell’Ipsos ripropone in tutta la sua attualità – è che il ruolo, il progetto politico e la stessa “mission” che ha caratterizzato la Dc per molti anni non possono non essere declinati anche oggi nella cittadella politica italiana. Perchè, oltre ai valori di riferimento e alla proposta politica concreta declinata nel tempo, è di tutta evidenza che il modo d’essere della Dc giocato per molti anni nella politica italiana non può essere banalmente e qualunquisticamente archiviato. Solo un partito populista e un movimento anti politico e demagogico come i 5 stelle poteva prescindere e ridicolizzare una esperienza che ha rappresentato per molti anni un architrave del sistema democratico. E, semmai, quello che interpella ancora oggi tutti coloro che hanno ritenuto, e che ritengono, che la Dc è stato un partito importante e decisivo a garanzia della democrazia e dello sviluppo del nostro paese, è che a prescindere dall’attuale partito di appartenenza, non ci si può voltare dall’altra parte quando si tratta di inverare quei valori e quel progetto politico che non sono tramontati solo perchè quel partito ha cessato di candidarsi alle elezioni.
E proprio la ricerca dell’Ipsos conferma quell’assunto. Ovvero, la storia e l’esperienza della Democrazia Cristiana continuano ad essere attuali ed importanti. E quella politica e quel modo d’essere nella politica chiedono ancora di essere rappresentati e di essere interpretati nella società contemporanea. Piaccia o non piaccia ai populisti e ai sovranisti di turno.