La deformazione del giornalismo militante

Non esiste una cronaca o un’opinione asettica. Ma nell’attuale giornalismo televisivo emerge in modo anche troppo sfacciato una faziosità settaria. Ciò crea un pubblico di tifosi o da curva sud.

Il giornalismo militante è sempre esistito. O meglio, il giornalismo politico militante è sempre esistito nel nostro paese. Anche perchè, tema molto antico ma sempre attuale, non esiste un giornalismo asettico e senza opinioni. Ma, al di là di questa considerazione sufficientemente scontata, quando il giornalismo – soprattutto quello televisivo – assume i tratti strutturali e consolidati della militanza politica si sconfina inesorabilmente nel settarismo e nella faziosità che non giovano neanche alla qualità e alla autorevolezza del giornalismo stesso. Come ovvio, non si sfiora neanche il tema della imparzialità e della oggettività della notizia perchè, nel caso specifico, il “pregiudizio” precede e annulla qualsiasi altra riflessione. Se nella carta stampata, di norma e salvo rarissime eccezioni, si risponde unicamente agli interessi e ai voleri dell’editore, cioè del “padrone” della testata, è nell’attuale giornalismo televisivo che questa faziosità settaria emerge in modo persin troppo sfacciato. 

Un esempio tra i molti? Semplicemente basta sfogliare la margherita. Vuoi ascoltare l’attacco frontale quotidiano e senza scrupoli al centro destra e soprattutto alla premier Meloni? È sufficiente sintonizzarsi sulla trasmissione della Gruber e il piatto è servito. Ti vuoi divertire con gli approfondimenti a senso unico indirizzati contro tutto ciò che non profuma di sinistra o di populismo grillino? Ti ascolti i programmi di Floris e di Formigli. E gli esempi potrebbero proseguire sulle reti Mediaset dove alcune trasmissioni sono persin imbarazzanti perchè semplici bollettini di propaganda.

Dopodiché esiste un giornalismo di qualità e realmente imparziale, almeno nella conduzione dei programmi di approfondimento e di dibattito. Un esempio fra tutti? La rubrica quotidiana di Bianca Berlinguer e lo stesso suo programma di approfondimento serale come, per fare un altro esempio, l’appuntamento quotidiano di Andrea Pancani o la stessa Tagadà condotta da Tiziana Panella. Appunto, non centra l’emittente televisiva ma la modalità concreta che caratterizza la conduzione e la guida della singola trasmissione di approfondimento politico e giornalistico.

Perché, e lo ripeto, quando sai con largo anticipo che guardando quella trasmissione assisti ad un attacco frontale ad una parte politica e ad una difesa sperticata della controparte, si creano anche le condizioni per un pubblico di tifosi o da curva sud. Certo, la fidelizzazione di un pezzo di opinione pubblica è un aspetto da non trascurare affatto ai fini della tenuta dello share da un lato e, di conseguenza, degli incassi pubblicitari dall’altro di quella singola trasmissione. Ma il tutto, purtroppo, avviene anche a detrimento della qualità dell’informazione. Perché, e molto semplicemente, si sostituisce l’appartenenza politica netta e definita a qualsiasi altra considerazione e valutazione.

Ecco perché, e nel pieno rispetto del giornalismo militante e politicamente schierato e netto come ad esempio Report o altre trasmissioni, un sano e trasparente giornalismo di inchiesta e un buon giornalismo di informazione continuano ad essere fari decisivi che contribuiscono ad illuminare ciò che capita nel paese e nel mondo e, dall’altro, a ridare qualità e credibilità alla stessa democrazia italiana.