Il 105° anniversario dell’Appello ai liberi e forti, che Tempi Nuovi – Popolari Uniti celebra domani con il convegno dal titolo “L’Appello di Sturzo tra progressisti e conservatori”, cade in una fase in cui le forze politiche di centro, alternative alla destra, tra le quali quelle che si ispirano al popolarismo di don Sturzo, si apprestano a definire gli aspetti più qualificanti delle loro strategie in vista delle Europee del’8 e 9 giugno prossimi.
E questa importante ricorrenza cade anche in una fase storica che richiede, come all’epoca della nascita del primo P.P.I., una capacità di cogliere le priorità imposte dai tempi, per governarle in una lungimirante prospettiva democratica e di pace tra le classi sociali e tra le nazioni. Nel 1919 sulle macerie della prima guerra mondiale si trattava di attuare profonde riforme sociali, di estendere la partecipazione di tutti i ceti alla vita democratica, come risposta alle ideologie violente di opposto colore. Nel mondo attuale, sullo sfondo della tragedia della guerra mondiale “a pezzi” che continua e rischia di estendersi, si tratta di costruire una prospettiva che non assegni più alla forza distruttiva della guerra un ruolo nella definizione di un nuovo ordine globale plurale, che, volenti o nolenti, si sta affermando.
Vi sono, infatti, interi popoli e grandi civiltà diverse da quella occidentale, che premono per avere voce in capitolo sulla scena globale su basi di pari dignità, ponendo il tema di una rappresentanza più equilibrata fra il miliardo circa di persone del mondo sviluppato e gli altri circa sei miliardi appartenenti ai Paesi di nuova industrializzazione e a quelli in via di sviluppo.
Il confronto con questo dato di fatto sembra ineludibile, se la direzione che si intende seguire è quella di cercare risposte adeguate alla novità dei tempi, come fece il Ppi di Sturzo, e non quella di affidare ancora una volta nella storia all’uso della forza il passaggio da un’epoca a quella successiva, perché è questo che si sta verificando sotto i nostri occhi. Questi tempi sembrano richiedere un profondo ripensamento di ciò che è ritenuto universale (i principi e i valori sanciti dalla carta delle Nazioni Unite) e ciò che invece afferisce alla cultura, agli strumenti istituzionali, ai sistemi economici, con i quali gli stati intendono concorrere a perseguire il bene comune dei loro cittadini e dell’intera famiglia umana.
Probabilmente il popolarismo ora è tra le poche culture politiche democratiche che può compiere una simile operazione culturale, perché non è nel dna di altre culture politiche a noi vicine e con cui pure intendiamo dialogare, ammettere la relatività, la non universalità, del sistema politico ed economico occidentale, senza sminuirne l’enorme valore, ed affermare la disponibilità a rispettare altri e diversi sistemi, tanto è ancora radicata in Occidente l’illusoria convinzione che l’unipolarismo affermatosi alla fine del secolo scorso sia destinato a mantenersi inalterato anche per questo secolo.
E l’ambito in cui far maturare la coscienza di questi tempi nuovi è l’Europa. Solo una Unione Europea capace di esprimere con autonomia la propria visione specifica sui tavoli globali, dotandosi dei necessari e non più rinviabili strumenti in ogni settore, potrà contribuire alla progressiva riduzione delle guerre in corso, senza aspettare che siano ancora gli Stati Uniti a occuparsi di problemi europei. Perché in ogni caso, sia con la riconferma di Biden, o peggio ancora con il ritorno di Trump, non lo faranno, ma, non appena tutti si saranno convinti dell’insostenibilità nel tempo dell’opzione militare, punteranno a un accordo con gli altri grandi del mondo sulle spalle dell’Europa.
E i Popolari del presente dovranno anche prodigarsi a superare il divario che si è creato, a posizioni abbastanza invertite rispetto ai tempi della nascita del Ppi, tra i pronunciamenti avanzati sui temi sociali da parte della Gerarchia e una certa arretratezza rispetto ai tempi dei cattolici impegnati in politica. Ad esempio, la “dottrina” della guerra come crimine contro l’umanità, pur con le dovute mediazioni politiche, non si può pensare che non avrà effetti sul laicato in Italia e sui cattolici nel mondo intero. Come pure l’invito della Chiesa a perseguire un ecologia integrale, capace di coniugare i valori della persona e i temi sociali con quelli ecologici traccia una linea feconda in termini progettuali, insieme all’istanza di un umanesimo per le nuove tecnologie e in cui incrivere l’intelligenza artificiale.
La prima transizione di cui occuparci, rimane quella geopolitica. Se i Popolari sapranno vedere nella riforma strutturale dell’Europa l’opportunità storica per l’avvio in modo pacifico di un nuovo ordine globale plurale, contribuiranno insieme alle forze più aperte al cambiamento e al progresso, a creare i presupposti per affrontare anche le altre questioni cruciali del nostro tempo.