Urge una sorta di valutazione critica su tutto ciò che ha rappresentato la più recente esperienza del cattolicesimo democratico, specie in rapporto con le idee e l’azione pratica che proprio Gorrieri ha saputo esprimere in maniera critica e costruttiva.
Paolo Frascatore
È una situazione politica strana quella che stiamo vivendo, ma che non è certamente nuova in questa seconda Repubblica che ha archiviato l’esperienza politica dei Partiti del Novecento per abbracciare più che la deideologizzazione, il rifiuto della politica fondata sui valori. Si torna a parlare in continuazione di centro politico rispetto ad una realtà che paralizza, o meglio radicalizza, le posizioni politiche sull’uno o sull’altro versante.
I risultati al centro, stando alle ultime iniziative, mettono in evidenza soltanto una personalizzazione dell’intervento politico (privo di qualsiasi respiro futuro) che non trova riferimento, né tanto meno esempi alti di cultura legata all’esperienza dei cattolici democratici. Eppure gli esempi non mancano! Non manca l’esperienza del cattolicesimo democratico di frontiera rispetto alla decadenza della politica, alle alleanze equivoche ed interessate, al suo modo di saper interpretare gli avvenimenti politico-sociali di questo tempo difficile da vivere, ma, proprio per questo, più significativo e foriero di nuove idee originali ed incisive nella storia politica italiana, ormai ridotta ad una semplice contesa di potere.
Figure come quella di Ermanno Gorrieri andrebbero studiate e riattualizzate in questo scenario politico inconcludente e arido, soprattutto se riferito agli attuali “partiti” politici. Urge infatti una sorta di valutazione critica su tutto ciò che ha rappresentato, almeno da quattro lustri, l’esperienza politica del cattolicesimo democratico, specie se confrontata con le idee e l’azione pratica che proprio Gorrieri ha saputo esprimere in maniera critica e costruttiva non solo negli ultimi anni della sua vita terrena. Non è certamente un caso se il suo interesse si concentrava sempre sulla realtà sociale, sull’uguaglianza delle condizioni di vita, materiali ed immateriali, di tutti i cittadini al fine di costruire uno Stato veramente sociale, ossia capace di realizzare le condizioni di vita dignitose per tutti.
La forza delle sue proposte rimandava in maniera decisa ed indissolubile alle idee dossettiane (anche quando Dossetti decise l’abbandono della politica attiva per sposare la causa del servizio religioso) nella consapevolezza che non solo si poteva far politica anche al di fuori delle istituzioni (Parlamento), ma soprattutto che occorreva mettere mano ad uno Stato sociale che non garantiva (e non garantisce) quella uguaglianza tra cittadini, che per Gorrieri non era mai stata quella meccanica e semplicistica rivendicazione ideologica della sinistra marxista, ma azione concreta e sostanziale nel portare tutti i cittadini su uno stesso piano di vita civile e materiale.
Oggi sembra di rileggere le idee di Gorrieri nelle affermazioni di Papa Francesco: le guerre viste come fallimento della civiltà laicista e radicale, materialista. Le prese di posizione contrarie all’accoglienza come stato essenziale di quanti sono sempre più legati all’egoismo, all’individualismo, all’utilitarismo. Certo, la guerra mondiale è vista dal partigiano Gorrieri non solo come motivo di decadenza culturale, morale e civile, ma anche come catarsi della storia, come bagno purificatore per costruire una società fondata sui valori della fratellanza, della solidarietà e della uguaglianza. Su Gorrieri si può e si deve tornare nella consapevolezza che il suo magistero politico (insieme agli uomini migliori del cattolicesimo democratico) costituisce oggi il faro per qualsiasi iniziativa seria in funzione di una nuova presenza dei cattolici in politica.