La lezione di Camaldoli è che il futuro scrive su fogli bianchi

Scriveva De Gasperi che è «una legge storica che una esperienza troppo fatta non possa essere ricominciata». Pubblichiamo la parte finale della relazione tenuta ieri al convegno sul Codice di Camaldoli. In fondo il link per il testo integrale

Ora, come si spiega il fascino di questo testo eterogeneo, provvisorio, perfettibile?

 

Sul Codice di Camaldoli si è ridestata, a partire dagli anni Ottanta, un’attenzione motivata più dall’interesse politico che da autentiche ragioni storiografiche, dall’esigenza di riprendere un discorso sui fondamenti morali dell’impegno politico e sulle origini del movimento democristiano, che attraversava un momento molto delicato. In questo modo, di anniversario in anniversario, si può affermare che il Codice, citato più che studiato, ha assunto un carattere quasi mitologico.

 

Oggi è al lavoro una nuova generazione di studiosi e di studiose impegnata nell’analisi della storia del movimento cattolico. Una serie di grandi iniziative scientifiche, come l’imponente opera, in corso, dell’Edizione nazionale dell’Epistolario di Alcide De Gasperi, consegnano agli storici una messe di documenti indispensabili per la corretta comprensione del passato. Si può insomma guardare a vicende, idee e personalità con meno pregiudizi, con la necessaria distanza e con la dovuta sapienza storiografica. È quello che intende fare questo convegno

Distanza non comporta un neutrale distacco dagli eventi. Comporta sottrarli dal fuoco della controversia, dalla litania del rimpianto o dalla lusinga di improvvisati revival. Ci viene restituito ciò che davvero conta.

 

Perché, allora, un testo eterogeneo, provvisorio, perfettibile come il Codice di Camaldoli continua ad affascinare? Perché frutto di una sfida del pensiero che non ha avuto paura della storia.

 

Perché ha posto al centro la competenza, la libertà e la responsabilità di una generazione che seppe fare onore alla propria fede e alla propria intelligenza, non almanaccando su una identità da difendere o su una irrilevanza da commiserare, ma condividendo in un documento aperto a tutti le proprie proposte per una società migliore e plurale.

 

Perché ha dimostrato che i valori cristiani, siano pure non negoziabili, impastati con la viva materia della storia, dei suoi drammi, delle sue gioie e delle sue speranze, possono essere arricchiti e precisati.

 

Perché ha coinvolto – come si legge nell’avvertenza – «gli spiriti più attenti, gli animi più appassionati, fra i quali fermentano i germi del rivolgimento sociale che batte alle porte dei tempi nuovi». I tempi nuovi di un’Italia libera e democratica. Un impegno, una rivolta morale, una scelta di campo che ha il buon profumo della Resistenza.

 

Quando l’opera era ancora agli albori Sergio Paronetto scrisse: «A latere di discussioni e programmi per l’avvenire che impegnano tutta la nostra attenzione c’è una distinzione tra le parole e il fare, tra le chiacchiere e la vita. E mi par nettissima la nostra posizione, la nostra vocazione: è dalla parte del fare, con la croce, se vogliamo, dell’azione, non con la irresponsabilità e la comodità mentale di chi sta a guardare. Saremo dalla parte della barricata, dove si opera sugli uomini. Saremo fra quelli che verranno discussi e giudicati perché faranno, non fra quelli che giudicheranno e discuteranno. Saremo con quelli che sbaglieranno, non con quelli che troveranno a ridire, perché si è sbagliato; con quelli che avranno sempre torto, perché ci sarà sempre qualcuno che potrà dire: “così bisognava fare, così io avrei fatto”. Posizione scomoda, forse. Ma guai a fuggire: bisogna impegnarsi, finché si può».

 

Ritornare, ricominciare, ripartire da Camaldoli senza consapevolezza della storia significa contraddirne lo spirito.

 

Perché se una lezione si può trarre da quelle vicende è che in esse i cattolici italiani, come in altre, decisive svolte nella storia del Paese, hanno saputo inventare qualcosa di nuovo e di grande perché hanno avuto il coraggio di guardare avanti, non indietro. Non come epigoni dell’ieri ma come pionieri del domani. A chi vagheggiava ritorni al passato, De Gasperi, già nel 1935, rispondeva che è «una legge storica che una esperienza troppo fatta non possa essere ricominciata».

 

Non molti sanno che fu solo la difficoltà del rifornimento della carta a impedire l’inserzione di un foglio bianco a fronte di ogni pagina del Codice di Camaldoli, così da facilitare la stesura di nuove annotazioni e commenti. È sui fogli bianchi che scrive il futuro.

 

Leggi il testo integrale della relazione

 

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[Il convegno prosegue oggi e si conclude domenica con l’intervento del Card. Pietro Parolin]