La magistratura tra impunità e giustizialismo

L’uso della giustizia a fini politici non è più tollerabile. Il “centro” respinge la deriva delle opposte tifoserie da un lato e non persegue, dall’altro, l’obiettivo della delegittimazione morale dell’avversario/nemico e poi del suo annientamento politico.

Lo possiamo dire senza la preoccupazione di essere smentiti? Siamo alle solite. E cioè, puntualmente, scende il campo la cosiddetta “magistratura militante” e, altrettanto puntualmente, scatta il meccanismo del garantismo dei vari partiti per i propri amici e del più feroce giustizialismo da applicare nei confortanti dei propri avversari/nemici. Certo, il clichè ripropone uno scontro politico e culturale identico da oltre  trent’anni, da quando cioè la furia giustizialista di tangentopoli ha distrutto tutti i partiti di centro sinistra salvaguardando solo gli eredi del vecchio Pci, cioè il Pds. Ma questa è storia passata. Purtroppo, però, lo schema di fondo non cambia. Da un lato il campo della sinistra post comunista nelle sue multiformi espressioni e il vasto mondo dei populisti raccolti attorno ai 5 Stelle; dall’altro l’area della destra che, nel caso specifico, risente dell’approccio berlusconiano e di tutto ciò che l’ha storicamente contraddistinto. 

 

In mezzo resiste il Centro, presente o in modo autonomo – ma ancora troppo debole per essere realmente un interlocutore – o con alcuni spezzoni nel campo del centro destra, ma con una voce troppo flebile per poter incidere. Comunque sia, non è cambiato nulla e assistiamo, per l’ennesima volta, alla solita liturgia. E cioè, da un lato il vasto mondo populista supportato dalla sinistra – ovvero partiti, movimenti, conduttori televisivi, organi di informazione, opinion leader, gruppi editoriali e la sempreverde società civile – che perseguono tenacemente l’obiettivo della “spallata giudiziaria” alla maggioranza politica sgradita di volta in volta e, dall’altro, il blocco del centro destra che respinge qualsiasi accusa lanciando i propri strali contro i settori, peraltro ben presenti, della magistratura politicizzata individuata come l’artefice dei vari complotti che sarebbero pianificati per ribaltare la situazione politica complessiva.

 

Ecco, è proprio all’interno di questo quadro che emerge in modo quasi plastico l’assenza di un settore sella politica. Ovvero, di quell’area politica e culturale che si potrebbe riassumere come la componente di centro capace di declinare una “politica di centro” che respinge la deriva delle opposte tifoserie da un lato e che non persegue, dall’altro, l’obiettivo della delegittimazione morale dell’avversario/nemico e poi del suo annientamento politico. Un luogo politico, ancora, che non vede nella magistratura il nemico da cui ripararsi e difendersi ma che, al contempo, non si fa piegare di fronte alla sua potenziale prepotenza e ai suoi condizionamenti più o meno diretti.

 

Ma per poter centrare questo obiettivo è indispensabile innanzitutto avere un luogo politico centrale e centrista che pesi nelle dinamiche politiche del nostro paese. E, dall’altro, che abbia il coraggio di far emergere il ruolo, la funzione e la valenza della politica senza inutili attacchi frontali rivolti alla magistratura o, al contrario, limitarsi alle genuflessioni acritiche e passive.

 

Senza questo soprassalto di orgoglio e senza questa rinnovata assunzione di responsabilità politica e culturale – accompagnata anche da un forte e visibile coraggio civico – assisteremo ancora a lungo a questo triste spettacolo, frutto di un derby che è destinato a caratterizzare e a condizionare le sorti del nostro sistema politico. Insomma, o ritorna la politica a tutto tondo oppure saranno altri poteri a condizionare, ancora una volta, il destino e le sorti della politica, della democrazia e delle stesse istituzioni democratiche.