La mannaia dell’Antitrust s’abbatte sul pandoro della Ferragni

Quella che di messaggi e parole ha fatto scuola, diventando riferimento per i non pochi appassionati delle dritte della influencer, è inciampata, proprio lei, in un inqualificabile difetto di comunicazione.

L’Antitrust nasce nell’esperienza inglese per impedire che le grandi organizzazioni potessero ostacolare la libera iniziativa delle piccole imprese. Una tutela antimonopolio che nel tempo si è affermata anche in Italia allargando progressivamente il suo campo di azione.

Ci sono andati di mezzo il noto marchio Balocco, quello per intenderci del pandoro, e le società della influencer Chiara Ferragni.

“Le suddette società hanno fatto intendere ai consumatori che acquistando il pandoro ”griffato” Ferragni avrebbero contribuito a una donazione all’Ospedale Regina Margherita di Torino. La donazione, di 50 mila euro, era stata invece già effettuata dalla sola Balocco mesi prima. Le società riconducibili a Chiara Ferragni hanno incassato dall’iniziativa oltre 1 milione di euro”.

Questa, in sintesi, l’argomentazione della Autorità Antitrust. Per spiegarci meglio non si sarebbe incrementata la donazione all’Ospedale proporzionalmente all’acquisto del noto dolce natalizio.

Le Società della Ferragni per griffare il prodotto avrebbero messo a monte in portafoglio invece una somma non poco sostanziosa.

Tra le condotte contestate è quella di “aver diffuso, tramite cartiglio, apposto sopra ogni singolo pandoro griffato Ferragni, informazioni idonee ad avvalorare la circostanza non vera che l’acquisto del prodotto avrebbe contribuito alla donazione pubblicizzata”.

Qualche perplessità era già balenata nella testa dei protagonisti. Per quanto si legge in cronaca giornalistica, in uno scambio di mail tra l’azienda di Fossano e la Società della influencer, vien fuori un commento non proprio trascurabile: “In realtà le vendite servono per coprire il vostro cachet esorbitante”. Seguono altri messaggi dove si richiama l’attenzione a non esporsi a pubblicità ingannevole correlata a vendite.

È restata però salva l’ultima decisione in mano alla Ferragni che alla fine ha partorito un comunicato il cui si legge: “Lo storico brand piemontese Balocco, conosciuto ed apprezzato nel mondo per l’eccellenza della sua offerta natalizia, presenta una novità esclusiva: il pandoro Chiara Ferragni, le cui vendite serviranno a finanziare un percorso di ricerca promosso dall’Ospedale regina Margherita di Torino”.

Per come si comprende dalle cronache, alla fine l’avrebbe spuntata, malgrado l’apprensione della azienda dolciaria, la proposta comunicativa della influencer.

Dicono che il pandoro sia nato nella Repubblica di Venezia attorno al 1500, dolce conico ricoperto di sottili sfoglie d’oro. Secoli dopo ripreso e rielaborato per giungere al dolce che sappiamo. Una predestinazione: poteva accadere solo al Pandoro di spargere metallo prezioso attorno a sé e non certo al volgare panettone.

Questa volta il dolce è stato arricchito da una griffe, una firma, che più propriamente corrisponderebbe al termine “artiglio”, è così che in sostanza si accalappiano acquirenti. Quanto al “cartiglio”, è raffigurazione di un rotolo cartaceo, in parte spiegato, contenente una iscrizione o più sinteticamente una stretta lista di carta, una sorta di “bugiardino” che racconta qualcosa del prodotto, il contrario del cartiglio invisibile su cui immaginava talvolta di scrivere D’Annunzio.

Tornando al pandoro, in origine fu disegnato dal pittore Angelo Dall’Oca Bianca e qualcosa evidentemente è rimasto di quel primo imprinting.

L’oca è un animale fedele al padrone e gregario nelle abitudini. Segue le indicazioni cadute dall’alto. È simile il destino dei consumatori attratti in blocco dalla proposta di un palato da far gioire insieme al cuore compiaciuto per una contestuale azione buona verso il prossimo.

Tra i motivi che spiegano la credenza circa la pretesa stupidità delle oche è quello da ricondurre alle fiabe dove l’animale è descritto come ingenuo e credulone.

A dirla tutta, nel racconto dei fratelli Grimm “La volpe e le oche”, le cose sono andato in modo diverso.

Le oche prima di essere uccise, come espediente di salvezza, chiesero alla loro aguzzina di poter prima dire una preghiera che si sarebbe rivelata interminabile, tanto da non lasciarci più le penne.

A sua volta, in una fiaba celtica, l’oca, da vittima, esortò la volpe a che recitasse una preghiera di ringraziamento per il pasto imminente che si andava a compiere. Non appena la volpe aprì la bocca, l’oca scappò via.

Questa volta sembra che la realtà si sia ispirata alle fiabe trovando la maniera di ribaltare la situazione e non farsi prendere per il naso e reclamare il rispetto del diritto.

La Ferragni legittimamente ha dichiarato che chiarirà tutto e che impugnerà la decisione dell’Antitrust nelle sedi competenti continuando a fare attività di beneficenza come in passato.

Sul campo resta un elemento di certezza. Quella che di messaggi e parole ha fatto scuola, diventando riferimento per i non pochi appassionati delle dritte della influencer, è inciampata, proprio lei, in un inqualificabile difetto di comunicazione che ne dovrebbe far dubitare improvvisamente il mestiere.

Il mondo animale resta a guardare se prevarranno i profumi o i balocchi, se qualcosa di oro e ferro insieme porterà ad una nuova insolita lega, non solo di interesse.