La “mission” di Rete Bianca.

Ecco perché l'iniziativa di Rete Bianca è destinata ad assumere una importanza non secondaria

L’assemblea Nazionale di Rete Bianca di Roma ha segnato una piccola, ma importante, svolta per la storia di questo movimento politico. Una svolta che si riassume efficacemente nel titolo dell’incontro: ‘oltre la testimonianza’. Perché di questo si tratta. Ora, sono almeno 3 le considerazioni che si possono e si debbono fare a margine dell’assemblea di Roma e che sono al centro della “mission” futura di Rete Bianca. 

In primo luogo si deve scegliere se l’area cattolico popolare e cattolico sociale – o almeno una parte significativa di questa – intende spendersi direttamente nell’azione politica e sul terreno politico oppure se intende, altrettanto legittimamente, resistere nel campo della prepolitica. Sono modi diversi, entrambi legittimi, di concepire la presenza nella società contemporanea. Ma dobbiamo essere chiari: se prevale il primo piano occorre misurarsi concretamente con le dinamiche della politica, le sue regole, le sue contraddizioni, le sue difficoltà. E anche con la sua organizzazione. Se, invece, prevale la seconda ipotesi il tutto si riduce alla riflessione, all’approfondimento, alla contemplazione e alla rinuncia all’organizzazione della politica. Mi pare che Rete Bianca, finalmente, ha scelto la prima strada, cioè quella dell’impegno politico diretto mettendosi in gioco. 

In secondo luogo è ormai acclarato che l’esperienza dei partiti identitari è tramontata. O meglio, è del tutto irrilevante ed ininfluente. Le recenti esperienze amministrative in varie regioni italiane e la stessa consultazione europea hanno confermato, in modo persin plateale, che la “ragione identitaria” in politica oggi non è più spendibile. Altra cosa, invece, è quella di far pesare un’area culturale ed ideale – come, appunto, l’area cattolico popolare e cattolico sociale – all’interno di un soggetto politico più ampio, plurale, riformista, democratico, di governo e autenticamente costituzionale. E’ questa la vera sfida politica, culturale, programmatica ed organizzativa su cui Rete Bianca è chiamata a misurarsi. E il documento finale approvato mi pare che colga questo elemento che non è affatto secondario ai fini della presenza politica e culturale dello stesso cattolicesimo sociale e popolare dopo molti anni di afonia e di sostanziale irrilevanza politica. 

In ultimo una considerazione sulla geografia politica italiana. Ovvero, è indubbio – e non lo dicono soltanto i sondaggisti e moltissimi commentatori e opinionisti – che oggi c’è uno spazio politico ed elettorale rilevante per una forza politica che non si riconosce nell’attuale offerta politica italiana. Ne’ nella sinistra – o presunta tale – di Zingaretti, il neo Pds; ne’ nella destra di Salvini e ne’, tantomeno, nel populismo e nella pratica antisistema dei 5 stelle. Uno spazio politico che sin quando non si traduce, però, in una concreta offerta politica ed elettorale costringe gli elettori a rifugiarsi nell’astensionismo o a votare stancamente i partiti esistenti. È giunto il momento, di conseguenza, di essere “attori” e non più solo “spettatori”. 

Infine, la decisione di dar vita ad una “associazione” che raccolga i sindaci e gli amministratori locali riconducibili all’area cattolico popolare è un segno tangibile che Rete Bianca non si limita alla sola azione politica ma intende ripartire dai territori, dalla periferia e dai governi locali a conferma che la valorizzazione delle autonomie locali resta una priorità per questa esperienza politica e culturale. Come ci insegna, del resto, l’intera tradizione sturziana e democratico cristiana. 

Ecco perché l’iniziativa di Rete Bianca è destinata ad assumere una importanza non secondaria nella galassia cattolico popolare e cattolico sociale e, soprattutto, nell’area cosiddetta “centrista” nel nostro paese. Un contributo politico e culturale non indifferente per la stessa area riformista e democratica italiana.