La nuova questione post-democristiana

Chi gioca a “rifare la Dc” si copre fatalmente di ridicolo. Tuttavia, fuori dal recinto della nostalgia, si avverte comunque la necessità di un partito simile alla Dc: democratico, popolare, riformatore.

Chi ha consapevolezza della inanità del sogno restauratore che investe e riguarda la Dc, non può mancare di stupirsi allo spettacolo di nuovi rifondatori in preda alla irresistibile ubriachezza dell’autostima. Alle volte si supera il livello di guardia, cadendo fatalmente nel ridicolo. Un uomo della levatura di Andreotti, cresciuto all’ombra di De Gasperi e poi protagonista della vita politica nazionale per vari decenni, quando nel 2001 scelse con D’Antoni di formare una lista autonoma rispetto alle due coalizioni antagoniste – il centrosinistra a guida Rutelli e il centrodestra a guida Berlusconi – fu molto attento a scansare il pericolo nascosto nella riproposizione del nome di democrazia cristiana. Gli preferì infatti la denominazione di “Democrazia Europea” e con ciò dette prova di saggezza, anche a prescindere dall’esito elettorale non proprio entusiasmante (poco più del 3 per cento dei voti). 

Sarebbe bene non dimenticare una lezione di stile e di buon senso, che certo suona ancora come monito per quanti si ergono a paladini del ritorno a una gloria passata. Si tratta, nel caso, di un’intenzione generosa e fallace al tempo stesso. La storia di un grande partito non si può e non si deve maneggiare con l’ardire di farne all’occorrenza un’imitazione purchessia,  finanche scialba e addirittura strumentale.

All’opposto, invece, cosa avviene? Un pensiero sempre ostativo della temuta fuga nella nostalgia, considera incongruo anche il solo ricorso all’idea di un’aggiornata mediazione politica in nome di principi e valori che furono alla base della Democrazia cristiana, ma in un tempo – il secondo Novecento – certamente assai diverso dal nostro. Anche questo approccio eccede una misura di ragionevolezza. È vero, la società è cambiata ed è cambiato anche il mondo attorno a noi. I cattolici, specie quelli più impegnati, sono una minoranza e in politica si comportano liberamente, senza vincoli di preferenza. Ciò nondimeno, alla luce di esperienze illuminanti, l’essere minoranza stimola o accresce la ricerca di nuove proiezioni identitarie sulla scena pubblica. La lentezza di un fenomeno non va scambiata per assenza di progressione: avanza, a ben vedere, una rinnovata domanda di senso circa il ruolo e la responsabilità dei cristiani nel mondo, per dirla con la sempre attuale Gaudium et spes, pietra miliare del Concilio Vaticano II.

Bisogna allora adoperare sia la discrezione, per non essere o apparire esorbitanti a motivo delle proprie idee, che il discernimento, per non soccombere alla pigrizia di un giudizio superficiale, se non superfluo. La destra al potere e la sinistra all’opposizione, modellate in trent’anni di democrazia maggioritaria sulle logiche della polarizzazione, lasciano senza rappresentanza una quota crescente di elettori, accentuando perciò il fenomeno dell’astensionismo. Qui si addensa un elettorato esigente e sfiduciato, perlopiù identificabile con i termini di “centro” o “area intermedia”, secondo un generico parametro di classificazione. Il problema politico sta dunque nella riorganizzazione di questa galassia indistinta, puntando ad esercitare su di essa un potere di attrazione in virtù di quella che Sturzo chiamava “sintesi popolare”. Quanto più la società si accartoccia nell’agnosticismo, perdendo addirittura il senso del progresso a misura dell’umano, tanto più la politica d’ispirazione cristiana appare come  “cembalo che tintinna”, forte nelle premesse ideali e debole nella prassi. 

Allora, se vale l’avvertenza di una sfida per il nuovo, prima di ogni appello organizzativo occorre l’adozione di un codice sorgente – se è lecito dir così – per trascrivere nel linguaggio e nel costume dell’odierna società ciò che persiste e rimonta di una vocazione autenticamente riformatrice del cattolicesimo democratico. Si manifesta, insomma, la spinta derivante da una nuova questione post-democristiana. C’è tanta energia e poca sinergia, anche ad onta dei buoni propositi, mentre nel Paese matura l’attenzione verso il necessario riordino, anche grazie ai cristiani, della vasta platea di democratici senza partito. Bisogna fare, perché urgono scadenze importanti, ma fare con equilibrio e spirito di umiltà.

 

L’articolo appare su “Democraticicristiani” (n.1-dicembre 2023), organo dell’Associazione Nazionale dei Democratici Cristiani (ANDC).