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martedì, Febbraio 11, 2025
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La pace di Marco Rubio e quella di Paolo VI

Alle parole aride del Segretario di Stato può essere opposta la raccomandazione di Papa Montini: “La pace si deve fare, si deve produrre, si deve inventare, si deve creare con genio sempre vigilante”.

Marco Rubio, nel mentre della sua nomina a nuovo Segretario di Stato USA, ha dichiarato con risoluta nettezza che “promuovere la pace è la nostra missione nel mondo e il nostro interesse nazionale dicendo che tutto il suo lavoro dovrà rispondere ad una di queste tre domande: ci rende più forti? Ci rende più sicuri? Ci rende più prosperi? Se non è una di queste tre cose, allora non dobbiamo farla”. 

È un tipo che certo non si defila e non marca visita. Rubio richiama il rosso di un rubino, un colore vivace che spicca sugli altri e lascia il segno negli occhi dell’osservatore. Il rubbio era anche un’antica unità di misura per aridi, forse più apprezzata negli scambi tra gente dai modi spicci. Forse sarà con lo stesso ruvido peso che valuterà le situazioni in politica estera.

I tre quesiti sono apparentemente meno impegnativi dell’indovinello della Sfinge della mitologia greca con corpo da leone, volto di donna ed ali da uccello, che divorava i tebani. Solo Edipo seppe trovare la soluzione provocando di conseguenza il suicidio della Sfinge. 

È possibile che anche Rubio dia una severa punizione a chi mostri di non soddisfare le condizioni richieste e che però, in modo opposto ai tempi antichi, conceda benevolenza a chi sappia tenergli testa ribattendogli con risposte adeguate. 

Della forza degli Usa e del desiderio di essere senza preoccupazioni non si dubita; quanto alla prosperità, si spera non sia garantita accendendo con un prospero, per qualche insano riflesso, il resto del mondo.

Rubio è anche il nome di uno dei banditi di spicco nel film “Per un pugno di dollari”. Per un pugno di egemonia ci si augura non si finisca per inasprire il quadro dei rapporti tra gli Stati del mondo.

Le domande così concepite svelano una concezione piuttosto asciutta della pace che esalta primariamente un profilo di convenienza. “A chi piace o a chi giova cotesta “pace” infelicissima dell’universo, conservata con danno e con morte di tutte le cose che lo compongono…”: potrebbe essere una revisione del dialogo tra la Natura ed un Islandese di leopardiana memoria, magari concludendosi, alla Seneca, con l’idea che ogni cosa sia da temere. 

Messa in questo modo la faccenda, sembra proprio non si sia imparato nulla dalle lezioni di San Paolo VI che insegnava come “senza la Pace nessuna fiducia, senza fiducia nessun progresso. Una fiducia, diciamo, radicata nella giustizia e nella lealtà. Solo nel clima della Pace si attesta il diritto, progredisce la giustizia, respira la libertà. Se questo è il senso della Pace, se questo è il valore della Pace, la Pace è un dovere”.

Fu proprio il Santo Padre ad istituire la Giornata Mondiale della Pace, a decorrere ogni anno dal 1° gennaio 1968 e sollecitava a convertire “le spade in vomeri e le lance in falci”.

Avendo ben presente le miserie umane, ricordava poi come la pace “non può essere basata su una falsa retorica di parole, bene accette perché rispondenti alle profonde e genuine aspirazioni degli uomini, ma che possono anche servire, ed hanno purtroppo a volte servito, a nascondere il vuoto di vero spirito e di reali intenzioni di pace, se non addirittura a coprire sentimenti ed azioni di sopraffazioni o interessi di parte”. 

La pace richiede un approccio diverso da quello che sembra emergere dalle secche parole di Rubio e per questo il Papa tutt’altro che amletico raccomandava come “la pace si deve fare, si deve produrre, si deve inventare, si deve creare con genio sempre vigilante, con volontà sempre nuova e instancabile. Siamo perciò tutti persuasi del principio informatore della società contemporanea: la pace non può essere né passiva, né oppressiva; dev’essere inventiva, preventiva, operativa”. 

Se questo non fosse, il rischio è che, per dirla secondo S. Agostino, «l’uomo preferirà trovarsi col suo cane, che con un uomo estraneo»

San Paolo VI insiste infine sul tema della riconciliazione: “Riconciliazione! Uomini giovani, uomini forti, uomini responsabili, uomini liberi, uomini buoni: vi pensate? Non potrebbe questa magica parola entrare nel dizionario delle vostre speranze, dei vostri successi?”.

Talvolta converrebbe ispirarsi alle parole delle grandi figure del passato per sapersi ben condurre nel presente. Da guardiani del mondo del secolo scorso, gli USA oggi non possono mancare, in un nuovo contesto internazionale, alla responsabilità di realizzare con lungimirante visione una pace globale, tralasciando i meri interessi di bottega. 

Per chi non avesse fiducia per il futuro, resterà la possibilità di riparare, come sarebbe piaciuto a Montini, “cum ipso in monte”.