«Siamo a un punto di svolta. Riconoscere lo Stato palestinese è un passo necessario e urgente, non solo per la pace, ma per la dignità umana». Con queste parole il deputato democratico Ro Khanna, promotore dell’iniziativa, ha commentato la lettera firmata da almeno 13 membri del Congresso, destinata al presidente Donald Trump e al segretario di Stato Marco Rubio. Un appello netto, indirizzato al cuore della politica estera americana, che chiede il riconoscimento ufficiale dello Stato di Palestina da parte degli Stati Uniti.
Una lettera che parla al futuro
La spinta progressista nel partito democratico
La lettera – che dovrebbe essere inviata il prossimo mese dopo aver raccolto ulteriori adesioni – è sostenuta da esponenti di rilievo del fronte progressista come Jim McGovern, Nydia Velázquez, Chellie Pingree, Pramila Jayapal e il texano Greg Casar. Si tratta di nomi noti anche per l’impegno su diritti civili e giustizia sociale, che vedono nella causa palestinese un’estensione coerente di quei principi. I firmatari ricordano che oltre 140 Paesi hanno già riconosciuto la Palestina e che gli Stati Uniti rischiano l’isolamento se continuano a negare l’evidenza di uno Stato che esiste sul piano del diritto e della volontà politica di milioni di persone.
«Riconoscere la Palestina per rafforzare il diritto internazionale»
I firmatari invocano una visione più ampia e strutturale del conflitto israelo-palestinese. «Crediamo che riconoscere lo Stato palestinese e obbligare i leader palestinesi a rispettare il diritto internazionale vincolante per gli Stati e i loro governi renderà questo obiettivo molto più realizzabile e sostenibile di decenni di apolidia e repressione», si legge nel testo. Il riferimento è anche alla proposta della Lega Araba che lega il riconoscimento reciproco dei due Stati alla fine delle ostilità. La crisi umanitaria a Gaza – con oltre 30 mila morti secondo fonti locali – ha riacceso l’urgenza di un’iniziativa politica e diplomatica globale.
Il vento di New York
L’onda pro-palestinese non resta confinata ai corridoi del Congresso. Alle recenti primarie democratiche per la carica di sindaco di New York, la vittoria del giovane socialista Zohran Mamdani ha sorpreso molti, ma non chi ha seguito la sua campagna: tra i temi forti, la richiesta di giustizia per la Palestina. Un segnale che anche l’opinione pubblica americana, soprattutto tra i più giovani, si sta spostando su posizioni più critiche verso lo status quo. Mamdani ha parlato di «solidarietà necessaria con chi non ha voce», raccogliendo consensi in quartieri popolari e a forte presenza etnica.
Ostacoli prevedibili, ma il tema resta
L’iniziativa dei deputati democratici non ha ricevuto alcun sostegno dai repubblicani, e difficilmente sposterà l’amministrazione Trump dalle sue posizioni filoisraeliane. Ma il valore della lettera è soprattutto politico: rompe un tabù, introduce una narrativa nuova e chiede che il dibattito sulla Palestina entri nel mainstream del pensiero democratico americano. Se i numeri aumenteranno, è probabile che si arrivi alla presentazione di una vera e propria risoluzione parlamentare.
Dunque, il riconoscimento della Palestina non è più solo una questione di politica estera: è diventato uno specchio delle contraddizioni e delle speranze che attraversano il campo democratico. Dalla Camera al municipio di New York, qualcosa si muove. E forse, per la prima volta, la Palestina entra davvero nel lessico politico americano come questione interna di coscienza e di civiltà