La Pasqua ci restituisca il dono della fede e della speranza

Girano troppe armi sulla faccia della Terra. Orbene, siamo tutti chiamati ad un atto di contrizione e a un gesto di bontà: anche la preghiera serve a dare una speranza.

La luce sfolgorante del Cristo risorto dovrebbe inondare il mondo di pace ma una parte dell’umanità sembra resisterle. Non basta il tempo vissuto nel dolore, nell’immane catastrofe delle guerre, la distruzione dei territori, la sofferenza inaudita di bambini, persone inermi, donne, anziani.Lo spettacolo della morte, lo sfacelo dei corpi, la violenza, il terrore, la miseria, la fame, la sete, la perdita della casa, la devastazione delle famiglie falcidiate dal destino cinico nei propri legami: chi resta piange il dolore di coloro che non ci sono più ma il cuore e la mente di chi sopravvive porterà cicatrici indelebili e la desolazione di ciò che rimane: spesso il nulla assoluto. Non sempre si ha la forza, il desiderio, la volontà di ripartire. 

Dopo l’Olocausto, i lager, i milioni di morti del 900 questo secolo sembra perpetuare l’istinto devastante dell’odio: etnico, religioso, politico, i suoi retaggi e le sue vendette. Viviamo di proclami e invocazioni ma ne constatiamo il fallimento di fronte alle immani tragedie che devastano il pianeta e alla crudeltà che rende impenetrabile il cuore di chi ordina la morte del prossimo: eppure ogni singola esistenza dovrebbe valere tutti i tesori della terra, chi ha fede (qualunque fede) sa che verrà il giorno del giudizio di Dio.

Non riusciamo a radicare la consuetudine alla pace nelle nostre vite. Le vittime innocenti pagano la prevalenza di sentimenti deprecabili, negativi, colpevoli: è agghiacciante l’indifferenza delle persone crudeli che in nome del potere agito con la forza annientano la convivenza pacifica dei popoli come valore condivisibile di civiltà.

I mezzi di comunicazione ci pongono davanti a scenari di annientamento di ogni minima parvenza di sostenibilità esistenziale: città e villaggi distrutti, la gente che vaga senza una meta tra le macerie, lunghe file di cadaveri a cui è difficile trovare sepoltura, esseri umani spogliati di tutto, senza cibo, sotto la minaccia dei bombardamenti, dei missili, dei droni, senza energia elettrica, medicinali.

Eppure anche in questi contesti c’è chi si adopera par fare del bene, per rimarginare le ferite del corpo e dell’anima. Questi volontari e operatori di pace affrontano rischi imprevedibili ma danno un senso di onore e dignità alla propria vita. Si fronteggiano giovani militari mandati al macello per uccidere un nemico di cui, nonostante la propaganda e l’indottrinamento ideologico non sanno nulla oltre al diverso colore della divisa e della bandiera, le loro famiglie vivono l’angoscia dell’incerto ritorno. 

Un sacco di patate e cipolle per ricompensare le vite perdute al fronte. Stiamo vivendo una nuova era di barbarie e inciviltà, per un pezzo di terra, per una primazia di potere, in nome delle ideologie mistificate e delle religioni che diventano fonte di divisioni e di laceranti conflitti, che propongono l’immagine di un Dio che istiga all’odio e predica la morte degli altri per aver salva la propria anima: essere innocenti non basta per salvarsi, in guerra si spara nel mucchio.

Chi ha il dono della fede sa che Cristo risorge per portare un messaggio di pace e di perdono. Ce lo ricorda Papa Francesco quando incessantemente ripete: “Dio perdona sempre”. Noi uomini siamo troppo avvinghiati agli interessi del dio denaro e dovremmo veramente affidarci al Cristo Redentore, per riconquistare valori come la solidarietà, il perdono, la pace.

Purtroppo anche il cristianesimo è spesso nel mondo un nemico da combattere e annientare. Possono le religioni predicare l’odio, la violenza, la sottomissione delle donne? Proprio in questi giorni la TV ricordava che ci sono Stati come l’Afghanistan dove le donne sommariamente giudicate infedeli sono condannate alla lapidazione, alla flagellazione, alla decapitazione. La frammentazione insanabile dei credi e delle religioni, le dittature, la privazione di ogni libertà personale e civile rendono impossibile una ricomposizione in nome di una convivenza pacifica. 

Le guerre non vedono l’orizzonte di una tregua, le diplomazie soccombono alle proprie debolezze intrinseche. Girano troppe armi sulla faccia della Terra: di questo passo non ci sarà mai la parola fine. Siamo tutti chiamati ad un atto di contrizione e a un gesto di bontà: anche la preghiera serve a dare una speranza. Se non ci resta altro da fare, preghiamo dunque per invocare la pace.