Lo sappiamo da tempo. La politica è ridotta, prevalentemente se non quasi esclusivamente, ad insulto, calunnia, diffamazione, attacco personale, delegittimazione morale e criminalizzazione politica. Purtroppo si tratta di un clima pesante che si è progressivamente affermato man mano che i partiti democratici e popolari sono scomparsi, le culture politiche si sono eclissate e la politica si è ridotta a puro scontro personale.
I pastoni dei Tg
Ne abbiamo un esempio quotidiano ascoltando i fatidici “pastoni” dei vari Tg. Sfiorano quasi il ridicolo non solo per la clamorosa assenza di qualsivoglia contenuto politico e progettuale ma perché il tutto si riduce, e puntualmente, a un noiosissimo attacco personale. Pappagallescamente tutti i capi della sinistra dicono ogni giorno che Giorgia Meloni “deve vergognarsi” – qualunque sia il tema all’ordine del giorno – e il centrodestra replica, altrettanto puntualmente, che la sinistra gioca allo sfascio e al “tanto peggio tanto meglio”. Per non parlare delle interviste o, peggio ancora, di ciò che viene sentenziato nei comizi o urlato nelle manifestazioni di piazza. Sempre lo stesso disco rotto.
Due condizioni per invertire la rotta
Ora, questa deriva si può invertire a due sole condizioni. Se non intervengono, e anche rapidamente, rischia di consolidarsi un costume che sostanzialmente azzera tutto ciò che è seppur lontanamente riconducibile a una politica pensata, elaborata e progettata.
La prima condizione è battere alla radice la deriva della delegittimazione morale e della criminalizzazione politica dell’avversario. Una deriva che neanche ai tempi di un Pci antisistema e alternativo all’Occidente era praticata. Certo, la contestazione violenta contro la Dc e le scelte dei suoi governi era all’ordine del giorno, ma non degenerava quasi mai – salvo l’accanimento contro alcuni leader come Donat-Cattin o Andreotti – in un sistematico attacco personale. Un vizio che storicamente alberga a sinistra e che si è ulteriormente rafforzato negli ultimi anni con l’irruzione dei partiti populisti, estremisti e massimalisti.
La seconda condizione riguarda invece tutti, ma soprattutto il centrodestra: va archiviata la stagione dei partiti personali. Finché la politica coincide con l’empatia e la fortuna dei capi partito – quasi sempre indiscussi e indiscutibili – la crisi sarà destinata a radicarsi sempre di più, alimentando la logica dell’insulto reciproco.
Dal conflitto sterile al progetto
Senza affrontare questi due nodi, decisivi per la qualità della nostra democrazia, ogni ipotesi di recupero di credibilità della politica è compromessa. E con la politica, anche il destino dei partiti e delle stesse istituzioni democratiche.
Ecco perché passare dagli anatemi al progetto è, oggi, la vera sfida della politica contemporanea. Chi non fa nulla per cambiare o finge di non vedere, lavora solo per affinare, rafforzare e consolidare le derive antidemocratiche, populiste e qualunquiste cui assistiamo da troppo tempo.