La sinistra sociale deve farsi anche sinistra politica

Bisogna far capire che esiste questa connessione: l’una non vive senza l’altra. Cenni critici e larghe convergenze a proposito del libro di Giorgio Merlo “La sinistra sociale” (con prefazione di Vincenzo Paglia, Marcianum Press).

Non starò a dire quali legami umani, politici, valoriali e calcistici (entrambi simpaticamente anti-juventini, per quanto gemelli diversi) mi legano a Giorgio. E pur nato e dichiarato Basista, quanto sia stato amico di battute e chiacchiere con il ForzaNovista Luciano Faraguti in tutti i Consigli Nazionali Dc passati assieme. Perciò salto i convenevoli e il fatto che i libri degli amici si leggono anche quando sono essi stessi (gli amici) un “libro aperto”.

Vado perciò subito alla sostanza delle piccole critiche, anzi, direi delle riflessioni da mettere in comune, visto che è una storia che anche io conosco bene e con Franco Marini, leader dei Popolari, ho avuto un cammino comune personale (suo dirigente Comunicazione e Spes mentre era segretario e poi eletto in Senato con lui).

Tutto condivisibile, Giorgio, il disdegno per una politica del giorno per giorno, del “presenteismo” necessitato, e del narcisismo fine a sé stesso. Che genera una società complessivamente parallela e narcisista, che a sua volta genera leader personalistici. Leader, poi…uno come Conte al massimo nella Dc avrebbe fatto il vicesegretario provinciale, nella Puglia di Fitto (…padre naturalmente).

Però passiamo alle questioni serie. Primo, perché non si può rifare la Dc o partiti similari che si riferiscano ad una cultura della mediazione alta. Lo ha spiegato bene Follini nel suo bel libro “Democrazia Cristiana. Il racconto di un partito”: la mediazione era una qualità che apparteneva alla Dc ma non solo alla Dc, a quella stagione politica in cui con il proporzionale ognuno votava liberamente la sua parte (dopo il fascismo c’era bisogno di libertà completa) ma poi gli richiedeva di trovare una soluzione politica in un’Italia così variopinta. 

Era una richiesta che saliva dalla società civile e dai corpi intermedi: imprenditori che votavano repubblicano e operai che votavano comunista, erano ben felici che un Donat Cattin ma anche un La Malfa o un Napolitano, dopo aver espresso le proprie ragioni trovassero un accordo sindacale, una tregua politica, un punto di equilibrio. E la Dc, federazione di partiti così diversi, rappresentava la dimostrazione plastica che questo era possibile: accanto a chi sosteneva la Nato come Taviani e Cossiga c’era chi l’aveva votata per disciplina di partito (i dossettiani) e chi dialogava con i Paesi oltre la Nato. Accanto ad Umberto Agnelli c’era appunto Donat Cattin e Marini. Accanto ai tecnocratici dorotei alla Prandini c’erano la sinistra sociale di Forze Nuove e la sinistra politica della Base.

Ma ecco, ora siamo un’epoca in cui il combinato disposto della politica del narcisismo (vedi Christopher Lasch, “La cultura del narcisismo” grazie del suggerimento Payer, libro illuminante sui nostri tempi! ), con la tv prima, ed ora tv più social networks, ha trasformato la cultura limacciosa della società civile in un referendum a favore o contro che hanno un precedente nel vero Ministro della Cultura della Loggia P2, ovvero Maurizio Costanzo ed i suoi programmi tv. Sgarbi, la sua carriera politica ed artistica, è l’epitome di questo assalto alla democrazia per linee eterodosse. La P2 ha una sua sequela: prima il Golpe Borghese, poi i Governi di centro che guardano a destra, la strategia della tensione e il terrorismo inquinato (i killer al soldo, come Fioravanti o Mario Moretti), i soldi sporchi di Sindona e Calvi. Infine, con la crisi dei partiti e della cosiddetta Prima Repubblica l’uso del giustizialismo, la discesa in campo di Berlusconi e lo “spianamento” culturale di tv e social networks. Tout se tient!

Tuttavia, dobbiamo vivere il tempo che ci è dato vivere. E qui una mia piccola differenza: io credo che invece che sul terreno politico partitico, oggi asfittico, si debba lavorare su quello della formazione culturale e politica della società. In questo senso, ammiro Monsignor Vincenzo Paglia ma mi sarebbe piaciuto, più che la sua condivisione delle nostre speranze e delusioni, un suo volo alato per garantire un senso politico più pregnante ai tanti cattolici che oggi lo sono in forma privata e men che meno si sentono “cattolici democratici”. Non dubito che lui sappia cosa intendiamo e ci piacerebbe, ma forse il tempo ancora non è venuto…e di certo i cattolici sono tornati ad una forma simile a quella che nel finire degli anni cinquanta e primi sessanta Nicola Pistelli definiva il “rachitismo politico” dei cattolici italiani.

Eppure, caro Giorgio, tu lo racconti bene quanto i contrasti sociali oggi permeano la società: sospesi tra lavori governati non più da “padroni” ma da algoritmi dei padroni; con la previdenza sociale a rischio per i giovani sotto i 40 (che giovani non lo sono più…); con un pianeta a rischio ambientale e la geopolitica delle risorse; con una incapacità di vedere nell’innovazione lo sviluppo e non la decrescita di una società di eguaglianza e fraternità….

Ma questi contrasti invece di determinare confronto, dialogo, anche scontro se necessario, e poi composizione della politica, servono solo al posizionamento individuale e allo schieramento dei “tifosi” via social ( neanche il bene di una spinta, una manifestazione, uno sciopero…..). Perfino una manganellata ad una manifestazione oggi è frutto più di un riflesso condizionato all’ordine, delle forze di polizia che, dimentiche delle lotte per la democratizzazione di polizia e guardia di finanza ma anche dei carabinieri, archiviano oggi il famoso passo pasoliniano dei “poveri figli del popolo” (Valle Giulia a Roma) per spendersi solo come elementi di repressione di un governo di destra che non governa veramente ma solo dirige il traffico della contestazione, autorizzando chi li ama e colpendo perfino chi manifesta per una italiana come la Salis (altro che nazionalisti, fascisti…fascistissimi).

Non c’è, caro Giorgio, prima di tutto la società civile, a chiedere la nostra mediazione culturale e politica. Basta solo “tifare”. E così riesce difficile convincere che la moderazione non è il “moderatismo” e che il centro è luogo di mediazione e non di intermediazione. E i partiti, con leader personalistici e nanismo culturale, vanno dietro a tutto ciò invece di insegnare e formare.

E tu sai bene che un leader sindacale non è solo quello che suscita la lotta, ma anche quello che dopo chiude il contratto e lo difende di fronte ai suoi elettori e compagni di lotta (e quindi non stiamo parlando di Landini e Bertinotti!). Ecco perché io non è che mi faccia da parte o rinunci, ed anzi io credo che i Popolari, i cattolici democratici abbiano una funzione essenziale, e la nostra generazione deve positivamente spendersi per ricostruire culturalmente una società civile più matura e meno incline alla “tifoseria” e al narcisismo, con battaglie politiche mature e puntuali, anche radicali se necessario. Ma non è detto si debba fare solo o unicamente nei partiti attuali.

Il centro non si deve farlo “per sottrazione”, ma per scelta culturale. E si può esserlo laddove venga compresa la sua utilità politica (concordo che al momento sia difficile dire dove di preciso…).

La seconda e conclusiva riflessione, da mettere assieme è la tua critica al “bipolarismo selvaggio”. Che dimostra che tu sei sempre stato nella parte più vicina alla sinistra politica della sinistra sociale, se mi consenti il gioco di parole. Ovvero più vicino, pur nell’amore politico per Forze Nuove, alla radice, per così dire Basista, attenta alle riforma delle istituzioni.

È giusta la tua critica ma risulta un po’ zoppa. Portiamola fino in fondo. Dentro a questo bipolarismo che sperimentiamo con leggi elettorali sempre peggiori dopo il “Mattarellum”, che almeno aveva un sano principio di equilibrio, in realtà c’è nascosto un difetto fondamentale: ovvero vige il proporzionale selvaggio dentro al bipolarismo selvaggio. Se La lega ricatta continuamente il polo di destra non avendone i numeri, si deve al fatto che nel polo bipolare di destra, internamente, vige il proporzionale selvaggio. E lo stesso a sinistra o centrosinistra, basta chiedere al povero Prodi 2006-2008 per consulenza non di parte. La verità è che, tornando ai principi, dopo l’epoca del proporzionale per la massima espressione di libertà politica, con aggiunta la mediazione politica come garanzia di governabilità, dagli anni ottanta del ‘900 si è posto il problema della governabilità come elemento decisionale e di responsabilità politica. Ma non si è risposto se non evocando la personalizzazione dei leader al comando.

La verità è che o si attua un bipolarismo vero come nei grandi Paesi, tipo la Francia o la Gran Bretagna, senza sotterfugi e con ampie garanzie per le opposizioni, oppure si rifà il proporzionale ma fino in fondo: cioè anche con le preferenze che garantivano alle piccole correnti dei grandi partiti la rappresentanza di interessi. E così come le preferenze interne ai grandi partiti, nelle primarie vere o nelle scelte di direzione politica a maggioranza, garantivano rappresentanza di interessi anche in Francia, oppure nella scelta dei candidati in Inghilterra o perfino negli Usa dove accanto a Kennedy, liberal del Nord, avevi un democratico del Sud e rappresentante dei ceti rurali, ovvero Lyndon Johnson.

Tertium non datur. O meglio, è dato e significa Porcellum o questa “zozzeria” del Premierato. Non starò a dire cosa preferisco. Non importa. Importa però che riusciamo a far capire al Paese che il problema politico è anche sociale, perché per esempio gli hanno contrabbandato la diminuzione dei parlamentari come un risparmio ed invece è una “gabbola”, che dà ancora meno rappresentanza ai cittadini rispetto a prima….perchè tanto chi se ne importa, possono sempre divertirsi a votare col televoto a Sanremo (ma pure lì…). Basta che abbandonino lotte sociali e politiche, e i parlamentari ed i partiti non ambiscano a frequentarli mai.

Di ciò dovremmo discutere. E non solo fra di noi. Grazie Giorgio, del tuo libro e del tuo sforzo politico. Volendo, ci sarebbe ancora bisogno di ForzaNovisti e, se me lo permetti, anche di Basisti.