L’autonomia differenziata disunisce irreparabilmente l’Italia

I diritti costituzionali non possono valere a seconda della residenza, con fatali divisioni tra cittadini di serie A e cittadini di serie B. S’avvera quel federalismo di stampo leghista che sa di secessione.

Autonomia sì, ma nel senso giusto del termine, altro che differenziata! Il rapporto tra le regioni non può che essere solidale e salvaguardare l’unità di una nazione, specie per quanto riguarda i diritti costituzionali garantititi a ogni cittadino, senza distinzioni territoriali, partendo anzitutto dalla salute e dall’istruzione. 

Nel nostro ordinamento un piccolo ma significativo esempio, frutto di legislatori lungimiranti, era rappresentato dalla Province, la cui legge elettorale prevedeva che nessuna città, di solito il capoluogo, potesse avere un numero di seggi superiore alla metà di quelli complessivi, con i quali egemonizzare, trasversalmente sul piano politico, l’intera Provincia. 

Anche quella di Roma, nella fattispecie, vedeva applicata questa norma fondamentale per far sì che il resto della dimensione provinciale godesse degli effetti derivanti da una finalità prioritaria, e cioè il riequilibrio interno a vantaggio delle aree meno dotate sul piano finanziario. Da ultimo, con riforme che hanno modificato il funzionamento di questi enti intermedi, in specie attraverso il meccanismo di selezione degli eletti, questo principio generale di garanzia è stato abbandonato. Il ricorso alla elezione di secondo grado, per cui i consiglieri sono scelti dai componenti delle assemblee comunali in base a un sistema di voto ponderato, ha prodotto di fatto la “rivincita” della città capoluogo (il cui sindaco, nelle aree metropolitane, è addirittura insignito ope legis del titolo di presidente).  

Guardiamo cosa avviene fuori dall’Italia. Il caso più eclatante è quello degli Stati Uniti dove vige, non per nulla, la più antica democrazia moderna. Gli stati che compongono la federazione hanno grandi poteri e sfruttano al massimo la loro autonomia. Eppure, laddove si tratta di rappresentare in sede federale le istanze e gli interessi delle singole entità statali, scatta un dispositivo che impone l’eguaglianza più stringente: al Senato, il ramo del Parlamento più importante, siedono due rappresentanti per ogni stato. Non c’è differenza tra la popolosa California e la disabitata Alaska poiché, quale che sia il numero degli abitanti, tanto l’una quanto l’altra esprimono due senatori a testa.  

Il federalismo americano andrebbe studiato con più attenzione. È un sistema che gira in senso inverso rispetto a quello che viene introdotto sottobanco con l’autonomia di stampo leghista. In sostanza, il federalismo americano tende a unire, mentre l’autonomia differenziata serve a dividere l’Italia. Avremo cittadini di serie A e cittadini di serie B. Con la riforma Calderoli si torna al vecchio modello della secessione, paradossalmente assistita e garantita da quella Roma che un tempo era ladrona. Bisogna assolutamente porre un argine a questa deriva infelice e pericolosa.