La svolta sul job act mette all’angolo i riformisti del Pd

Guerini alle strette. Annunciata da Elly Schlein, l'adesione al referendum della Cgil appiattisce il Pd sui Cinque Stelle. Calenda attacca, ma il prezzo della svolta lo paga anzitutto l’area riformista del Nazareno.

Era nell’aria ma nel partito circolavano previsioni contrastanti. I riformisti confidavano in un atteggiamento di prudenza. Invece, nel pomeriggio di ieri, è giunta la dichiarazione che ha stroncato le incertezze. “Molti del Pd firmeranno così come altri legittimamente non lo faranno: io mi metto tra quelli che firmeranno, non potrei fare diversamente visto che era un punto qualificante della mozione con cui ho vinto le primarie l’anno scorso. Ero in piazza con la Cgil nel 2015, è il secondo referendum che firmo per l’articolo 18”. Lo ha detto la segretaria del Pd, Elly Schlein, a Forlì, interpellata sul referendum promosso dalla Cgil sul Jobs act.

In pratica, per non lasciare campo libero a Conte, la segretaria sceglie di collocarsi sulla stessa linea dei Cinque Stelle. Il messaggio è chiaro anche se concede all’ala riformista la legittimità di esprimere un orientamento diverso o meglio di praticare una sorta di astensione: chi non vuole, può anche non firmare. Il che formalmente garantisce il pluralismo, ma a prezzo dell’ennesima baraonda all’interno e all’esterno del partito.

Non sono mancate le reazioni. Puntualmente è intervenuto Carlo Calenda: “È un gravissimo errore da parte della Schlein firmare contro il Jobs act – ha detto il leader di Azione – e appiattirsi sulle battaglie ideologiche e politiche di Landini. Aspettiamo piuttosto un incisivo intervento sulla questione Stellantis che sembra scomparsa dal radar della sinistra e di Landini”.

Adesso la parola passa ai riformisti, per la precisione a Lorenzo Guerini e i suoi amici di corrente, obbligati a muoversi sulla striscia sottile che la segretaria ha disegnato per loro. Sul piano mediatico non passa la libertà di scelta bensì la scelta di firmare, ovvero passa l’affermazione, che mette a terra una precisa linea politica, della Schlein in veste di paladina referendaria. Far finta che l’operazione non cambi i rapporti al Nazareno, equivale a trasmettere alla pubblica opinione un’idea oscillante tra la debolezza e la furbizia, a tutto danno dell’area che si proclama fedele, malgrado tutto, alla consegna di un sano riformismo, come era nei principi ispiratori del Pd.

Di quei principi cosa è rimasto?