Un piccolo problema di salute mi ha costretto a disertare per qualche tempo questa conversazione. Ma è proprio il tempo da cui si prende qualche distanza che a volte svela quello che una quotidianità troppo affannosa tende per così dire a nascondere. Ora non c’è dubbio che il grande tema di questa stagione sia quello della pace e che questo tema venga vissuto con un’ansia diversa dal passato. C’entrano le cronache più recenti, è ovvio: il serrarsi della morsa russa sull’Ucraina, il disimpegno trumpiano dagli obblighi dell’alleanza atlantica e le polemiche intorno al “riarmo” europeo.
Questioni che andrebbero tenute distinte, per quanto possibile, ma che poi inevitabilmente finiscono per ingarbugliarsi a vicenda, lasciandoci alle prese con un sentimento di fragilità che sta attraversando tutte le culture politiche, ognuna a suo modo. Così l’invocazione della pace finisce col fare tutt’uno con il sentimento della paura, contribuendo a rendere più confusi i torti e le ragioni che attraversano questa stagione della vita.
A suo tempo un altro presidente americano, Roosevelt, ammonì il suo popolo sul fatto che si doveva soprattutto aver paura della paura. Frase che peraltro aveva rubato all’immortale lessico di William Shakespeare. Quasi un secolo dopo siamo ancora a cercare di dare basi più solide, lucide e razionali al sentimento pacifista che attraversa tutti gli uomini di buona volontà, facendo sì che quel sentimento di giustizia non venga mai meno alle apprensioni che ci attraversano.
Fonte : La Voce del Popolo – 20 marzo 2025
[Articolo qui riproposto per gentile concessione dell’autore e del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]