Emerge un mondo univoco. Risuonano voci di paesi e popoli innamorati delle proprie convinzioni. Il loro ordine ha qualcosa di cupo. E dovrebbe indurci all’indulgenza per il disordine che ci attraversa.
Marco Follini
Non esiste una civiltà superiore alle altre, ripetiamolo ancora una volta a scanso di equivoci. Del resto, la nostra antica pretesa di stare un passo avanti agli altri viene smentita quasi ogni giorno da quel grandioso e terribile rimescolamento di carte che sta avvenendo in giro per il mondo.
All’Occidente, detentore di un primato tecnologico e strategico e patria riconosciuta di quella straordinaria invenzione politica che fu la liberaldemocrazia, oggi viene contestato un po’ tutto. L’eccesso della sua forza e le molte tracce della sua debolezza; l’istinto di voler dominare il mondo e la recente impossibilità di confermare la sua egemonia.
Dunque dovremo riconsiderare molte cose. La nostra identità e la nostra strategia. Il nostro modo di stare tra noi e il modo di stare con gli altri. Tutto quello che sta accadendo in giro per il mondo dovrà indurci a ripensare noi stessi come forse non abbiamo mai fatto da molti decenni in qua.
C’è un punto però che abbiamo il dovere di tenere fermo. E anche di considerare con un certo legittimo orgoglio. Ed è la nostra attitudine alla controversia e all’autocritica. Noi siamo quella parte di umanità che più ama mettersi in discussione, e che è portata a criticare con la maggiore severità i propri errori.
Il mondo di oggi appare assertivo, univoco. Risuonano le voci di paesi e popoli innamorati delle proprie convinzioni, che nulla concedono a un punto di vista diverso dal loro. Il loro ordine ha qualcosa di cupo. E dovrebbe indurci almeno a considerare con un briciolo di indulgenza il disordine che ci attraversa. Si chiama democrazia, ed è una grande risorsa civile.
Fonte: La Voce del Popolo – 2 novembre 2023
[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]