La Voce del Popolo | Giorgia Meloni e quella insofferenza latente.

Tajani e Salvini mettono la Meloni in difficoltà. La situazione non si aggiusterà né con la mozione degli affetti né con il richiamo ai sacri vincoli di disciplina della maggioranza di governo.

È del tutto irrituale che si possa giudicare “titubante” Giorgia Meloni. Eppure così appare agli occhi di chi osserva e misura il grado di confusione che impera dalle parti della maggioranza. Salvini e Tajani si sono fatti il controcanto a vicenda per tutta l’estate. Ma è evidente che tutto quel loro reciproco batti e ribatti sottintendeva una critica neanche troppo velata verso la principale inquilina di Palazzo Chigi.

Ed è evidente pure che la situazione non si aggiusterà né con la mozione degli affetti né con il richiamo ai sacri vincoli di disciplina della maggioranza di governo. Il fatto è che c’è come una scissione tra la postura di Meloni quale leader politico e la sua condotta degli affari di governo. Nel primo caso appare assertiva – fin troppo. All’opposizione e ai critici di ogni colore risponde con frasi stentoree e perfino urticanti, mostrando quasi di provare gusto ogni volta che la disputa si fa più acuminata. Ma quando poi si trova ad affrontare le obiezioni e le (fin troppo) libere uscite dei suoi alleati prevale in lei la tentazione di defilarsi.

Si intuisce la sua insofferenza verso Salvini, questo sì. Ma poi quella insofferenza resta lì, a mezz’aria, senza mai tradursi in uno showdown. Così, il leader leghista macina e impasta forzature, alzate d’ingegno e passi falsi senza mai pagare dazio. Come se le sue parole d’ordine, ormai di estrema destra, incutessero una sorta di timore reverenziale da parte della sua stessa premier. Che non lo ama abbastanza per condividerlo, ma forse lo teme quanto basta per non prenderlo mai troppo di petto. E così l’equivoco continua.

 

Fonte: La Voce del Popolo – 5 settembre 2024

[Testo qui riroposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]