La Voce del Popolo | Gli spioni evidenziano la fragilità del sistema.

Sarebbe il caso che partiti, governo e opposizione, almeno questa volta tentassero di rispondere all’unisono. Non per celebrare un desueto rito consociativo, ma per significare come la difesa dello Stato sia un’impresa comune.

La nostra è una democrazia ad alto tasso di spionaggio. Lo è da sempre, anche in ragione di quella sua collocazione di frontiera, a cavallo tra est e ovest, tra nord e sud. Da anni e anni un discreto numero di faccendieri e di imbroglioni scrutano le ombre delle figure che contano, cercando di trarre vantaggio da informazioni raccolte qua e là con metodi assai riprovevoli.

È storia antica, che la cronaca di queste ore aggiorna e amplifica tra lo scandalo generale. Ora, non si vuole certo minimizzare l’hackeraggio emerso in questi giorni, arrivato a mettere insieme 800mila fascicoli trafugati dalla banca dati del Viminale. La cosa è gravissima e inquietante, e ci fa sentire tutta la fragilità del nostro sistema politico e istituzionale. Si dirà che in questo caso la politica è vittima, e non carnefice. Ma sono appunto la sua debolezza, il suo smarrimento, certe sue fragilità, a mettere più paura di quante ne incuta il suo tratto a volte più autoritario e minaccioso.

Piuttosto, sarebbe il caso che partiti, governo e opposizione, almeno questa volta tentassero di rispondere all’unisono. Non per celebrare un desueto rito consociativo, di quelli che a tutti ormai destano raccapriccio. Ma per significare come la difesa dello Stato sia un’impresa comune, un dovere condiviso tra parti politiche che un attimo dopo potranno continuare a darsi addosso con tutta la parzialità del caso. A patto però di avere prima messo in sicurezza quell’insieme di regole, procedure e garanzie che riguardano tutti loro. E tutti noi, s’intende.

 

Fonte: La Voce del Popolo – 30 ottobre 2024

[Articolo qui riproposto per gentile concessione del direttore del settimanale della Diocesi di Brescia]