È la hybris, il carattere dominante della politica dei nostri giorni. E cioè quel miscuglio di ardire e di sfida, di esagerata fiducia nelle proprie forze che gli antichi Greci giudicavano alla stregua di un eccesso che gli dei del loro Olimpo prima o poi avrebbero inesorabilmente punito.
Il dio della politica è meno giusto e forse anche meno esatto del racconto che facevano i Greci dell’epoca. Ma alla lunga non è meno severo. Anch’egli infatti punisce certi eccessi e, prima o poi, bastona quei leader che si sono avventurati troppo in là, fino a perdere il contatto con la realtà (e con l’elettorato).
Il peccato in questione riguarda oggi soprattutto il centrodestra meloniano. Un esercito convinto di essere già prevalso su tutta la linea e poco propenso ad interrogarsi sulle difficoltà del proprio cammino. La netta sconfitta nel turno amministrativo di domenica scorsa dovrebbe ora indurre il capo del governo e i suoi collaboratori a dare meno per scontato che il vento insista a tirare dalla propria parte. Per la banalissima ragione che il vento del consenso è mutevole per definizione.
Altrettanto, però, il centro-sinistra, o campo largo che dir si voglia, dovrebbe evitare di indossare prima del tempo le penne del pavone. Perché quella mutevolezza riguarda anche le sorti dell’opposizione, ovvio. E anche perché è tradizione che nelle contese territoriali il Pd abbia il vantaggio di un maggior radicamento. Ma non è affatto detto che quel vantaggio sia destinato ad accompagnarlo di qui alle prossime politiche. Magari per via referendaria.
Fonte – La Voce del Popolo – 29 maggio 2025
[Articolo qui riproposto per grntile concessione dell’autord e del direttore del settimanald della diocesi di Brescia]